19 febbraio 2012

Il risveglio dell'anima

Accade anche nella vita di una persona comune, talvolta in seguito a una serie di delusioni o la perdita di una persona, ma talvolta senza una causa apparente, anche in mezzo al benessere e alla fortuna, di provare una vaga inquietudine, un senso di insoddisfazione e di mancanza, ma non mancanza di qualcosa di concreto, ma di qualcosa di vago, che si è incapaci di definire. Così descrive questo stato dell'anima un grande scrittore, Lev Nikolàevič Tolstòj, nelle sue Confessioni:
“Ciò accadeva in un momento in cui, sotto tutti gli aspetti, avevo ciò che è considerato come la felicità completa. Non avevo ancora cinquant’anni, avevo una moglie amante e amata, dei bambini buoni, un gran possedimento che, senza alcuna mia fatica, si allargava e prosperava; ero più che mai rispettato dai miei parenti e dalle mie conoscenze; gli estranei mi colmavano di elogi e, senza falsa vanità, potevo credere che il mio nome fosse celebre. […] In tale stato giunsi a non poter più vivere e, avendo paura della morte, dovetti usare degli artifizi verso me stesso per non togliermi la vita”.
Certamente non sempre questo momento di crisi esistenziale appare in modo tanto drammatico nella vita delle persone: dipende dalla sensibilità, che è diversa per ogni persona, e da tanti altri fattori legati alla personalità, ma per molti si tratta di quel fenomeno che viene chiamato notte dell’anima e che è semplicemente un messaggio che ci avverte che la nostra vita materiale si è scollata, per tante ragioni, diverse per ognuno di noi, dalla vita spirituale, che erroneamente si pensa presente solo in chi ha fede, ma è latente in ogni uomo e, a un certo punto della nostra maturità psichica, chiede solo di venire attivata. Quante risposte sbagliate che diamo a questa richiesta, la più sbagliata è certamente il suicidio, perché questo avviene il più delle volte perché l’uomo ha paura di questa improvvisa libertà a cui l’anima aspira naturalmente e invece noi l’abbiamo soffocata con tutte le costruzioni immaginabili possibili, tranne quelle necessarie al suo respiro. Cristina

2 commenti:

Paolo ha detto...

Mi ero ripromesso di restare soltanto ad ascoltare , ma i post di Cristina sono troppo interessanti per rimanere senza risposta. E l’ “ E poi ? “ di Tolstoj – interrogativo continuo e assillante, tratto da “ La confessione “ dello scrittore – è una delle pagine più belle della letteratura mondiale. Intendendosi per letteratura non vuota accademia o erudizione, ma cultura che diviene parte integrante della nostra esistenza.
Tolstoj aveva avuto tutto dalla vita . Agiatezza, fama, affetti familiari : e allora perché questo senso continuo di insoddisfazione che si materializzava in quell’interrogativo? Come dice giustamente Cristina si trattava di una crisi esistenziale che non era legata a perdite o a fattori negativi. Questo perché spesso noi dimentichiamo di avere un’anima, ma l’anima non si dimentica di noi e allora si riaffaccia alla coscienza, ci mostra tutte le nostre potenzialità e la nostra liberta, facendoci comprendere al tempo stesso che una vita fondata sull’esteriorità, sull’egoismo, sul particolarismo ( e aggiungerei anche sul consumismo che all’epoca di Tolstoj non esisteva, almeno nella dimensione odierna ) è priva di qualsiasi significato.
Sono certo che tutte queste considerazioni saranno già presenti nella mente dei lettori di questo blog , che sono volontari, e come tali dediti agli altri, ma il ripeterle a noi stessi costituisce un’esigenza di chiarezza che certamente ci giova.

Cristina ha detto...

Grazie, Paolo, per questo bel commento e per non essere rimasto soltanto ad ascoltare. Un post è solo l'incipit per una riflessione e un invito, per tutti, a proseguire insieme.