18 dicembre 2007

Natale 2007

Ho il piacere di trasmettervi questa poesia che ho trovato su internet come mio augurio di un Natale che sia accoglienza di Dio nella nostra vita e accoglienza del fratello con la via della piccolezza e della semplicità che Egli ci indica.
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LA NASCITA DI GESU'
di Rainer Maria Rilke
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Se in te semplicità non fosse,
come t'accadrebbe il miracolo di questa notte lucente?
Quel Dio, vedi, che sopra i popoli tuonava
si fa mansueto e viene al mondo in te.
Più grande forse lo avevi pensato?
Se mediti grandezza: ogni misura umana dritto attraversa ed annienta l'inflessibile fato di lui.
Simili vie neppure le stelle hanno.
Son grandi, vedi, questi re;
e tesori, i più grandi agli occhi loro, al tuo grembo dinanzi essi trascinano.
Tu meravigli forse a tanto dono:
ma fra le pieghe del tuo panno guarda, come ogni cosa Egli sorpassi già.
Tutta l'ambra imbarcata dalle terre più remote, i gioelli aurei,
gli aromi che penetrano i sensi conturbanti:
tutto questo non era che fuggevole brevità: d'essi, poi, ci si ravvede;
ma è gioia - vedrai - ciò che Egli dà.

carissimi auguri di buon Natale e un buon 2008. Daniela

8 dicembre 2007

mutar di pelle

un tempo di riflessione
Quello che ho deciso di regalarmi oggi è un tempo di riflessione. Un piccolo ritaglio di giornata affrancato dall’imperativo di colmare ogni minuto con qualcosa che abbia un peso, che sia sostanza misurabile. È mattino e sto svolgendo il servizio EmmauS, che oggi può anche limitarsi ad una compagnia silenziosa. Lascio acceso il televisore su un canale musicale, tenendo basso il volume, perché lui riceva sempre lo stimolo di un suono e di un’immagine. Lo vedo molto attento, concentrato sui fotogrammi che scorrono. A tratti socchiude gli occhi e sembra volersi appisolare. È tranquillo, sereno, direi in buona salute. Alcuni impegni non posso dimenticarli, ma quelli fanno ormai parte della routine. Nelle ore che trascorriamo assieme ho così il tempo di osservarmi e di riflettere su ciò che la mente osserva. E la percezione che ho è l’insorgere di un cambiamento. Mi sembra di riconoscere un nuovo atteggiamento, sconosciuto solo pochi anni fa. Non si è trattato di un'esplosione improvvisa, ma di mutamenti graduali, legati ai tanti episodi della vita, che, come una goccia insistente, hanno pian piano modellato il carattere, mettendo allo scoperto terminazioni nervose sconosciute. Niente di clamoroso, ma piccoli atti preparatori come il lento scivolar via della pelle quando il serpente compie la sua muta. Nulla a che vedere con l’esibizione(ismo) di tanto tempo fa. Ero ancora parte dell’ingranaggio chiamato lavoro, che affrontavo con impegno, pur avendo la consapevolezza del rischio di venirne stritolato, quando un giorno decisi di cancellare l’immagine di uomo in divisa, di pinguino grigio ed uniforme. Lo feci rinnovando il guardaroba con abiti dai colori vivaci scelti tra quelli che, più degli altri, mi piacevano. Dal giallo al rosso, con l’arancione e l’ocra al centro. L’effetto per chi mi stava intorno fu sconvolgente, inaspettato, tale da suggestionarmi fino a farmi sentire come se fossi veramente nuovo e fresco. In realtà nulla era mutato nello scorrere delle giornate, spese affrontando gli impegni di sempre. Il confronto con l’io di oggi è improponibile. Solo in certi sogni agitati continuo, amplificandola e deformandola, fino a ridurla ad un ricordo opprimente, l’esperienza di quegli anni grigi. Se c’è stato un rinnovamento questo ha certamente interessato il mio guardaroba interiore, non quello riposto negli armadi. Capisco che in questo blog dovrei limitarmi a scrivere dell’esperienza di volontario EmmauS, di aspetti che possiamo condividere, ma ho ritenuto di dover rispettare una delle regole che mi sono imposto. Scrivere di ciò che conosco. È per questo che vi parlo di me, del ventenne che non si capacita di vivere in un corpo che ne ha molti di più. Di uno spirito giovane cui nessuno ha spiegato il tutt’altro che lento scorrere delle stagioni della vita e che si inalbera sentendosi chiamare vecchio. Voglio dirvi di un volontario che ancora non sa se ha bisogno di un Dio per vivere, temendo il rischio di trasformarlo in alibi per le proprie debolezze. Vi parlo di un individuo che sa di fornire di sé tante immagini quante sono le persone con le quali entra in contatto. Immagini che deve accettare perché non esiste nulla di più falso ed al contempo di altrettanto vero e resistente, dell’immagine proiettata oltre la retina di chi ci osserva. E se queste raffigurazioni non si assomigliano tra loro, figurarsi quanto lontane possono essere rispetto alle sequenze che abbiamo registrato dentro di noi. Ogni contatto, ogni esperienza sono un invito a mostrarci con una nuova pelle, un abito ricco di colori con il quale stupire e stupirci. EmmauS è uno dei negozi entrando nel quale abbiamo investito in un completo sgargiante, ed ora non possiamo più chiamarci fuori, fingere che non ci riguardi. C’è chi sceglie di ritirarsi, annullandosi. Noi invece abbiamo accettato il confronto con situazioni definite difficili, di forte limitazione, dove la totalità dei bisogni si riduce talvolta a pochi gesti. Dove ci si accontenta del regalo rappresentato dagli scarti di tempo di un estraneo, da un complimento, da un sorriso, da un po’ di compagnia, dal coinvolgimento in qualche piccolo servizio e nulla più. Quando tutto ciò è vicino a rappresentare il massimo delle aspettative, allora ci si sente, allo stesso tempo, un dio ed una nullità, utile e sprecato, innalzato ed umiliato. Non sei tu che hai scelto la situazione, ma è lei che ti ha voluto e come contropartita del nulla che offri, ti condiziona. Se accetti il confronto ti costringe ad un ridimensionamento inaspettato, un “venir giù dalla brocca” del quale avevi tanto bisogno e che, inconsapevolmente, eri andato alla ricerca quando ti sei iscritto al corso per nuovi volontari. Lui è sempre tranquillo, guarda la televisione e non sa che mi ha appena fatto un regalo. Un tempo di riflessione, ancora confuso, appena abbozzato, ma tutto mio e da spartire, se lo vorranno, con gli altri volontari.
Gianpietro

3 dicembre 2007

Oscar

Ciao a tutti!
Mi unisco a Pino e Claudia nel ringraziare Gianpietro per il suo lavoro. Lo invito a non scoraggiarsi se, per ora, non ci sono entusiasmi particolari per questo nuovo strumento: le novità fanno sempre paura! Pian piano impareremo ad usarlo e sarà molto fiero di noi. Anche per me è la prima volta, ma mi butto!!!!!! Non ho letto gli aggiornamenti e quindi non so se qualcuno ha già iniziato a farlo, altrimenti sarò la prima a scrivere un post “emotivo”. Visto che questo blog è nato per dare un seguito al corso di scrittura emotiva, mi sembra il momento di inaugurarlo. Due settimane fa è venuto a mancare Oscar, la persona che seguivo ormai da anni. Nei miei 14 anni di servizio in Emmaus è già la quarta persona che perdo ed ogni volta è difficile poter pensare di ripartire. Quello che ho potuto fare per lui, fa ormai parte del passato; spero soltanto che quel che gli ho donato sia stato gradito. In questo momento mi sento di dover aiutare sua moglie sia per amicizia, sia per dare una continuità al mio servizio perché penso che Emmaus sia anche questo. In fondo non ci si fa prossimo solamente del diretto interessato ma di tutta la famiglia. Ammetto che questa esperienza mi lascia un po’ di amaro in bocca perché ho saputo trovare una splendida sintonia con Edda, mentre con Oscar ho sempre avuto difficoltà: il suo carattere, un po’ introverso, non mi ha mai fatto capire se quello che gli offrivo fosse il meglio per lui. Oscar ha sofferto per 23 anni ed in questo gli sono stata molto vicino perché potevo capirlo molto bene: so che cosa vuol dire lottare contro una malattia che non potrai mai vincere. Alla fine, per lui, la morte è stata davvero una grandissima liberazione. L’ultima volta che l’ho visto cosciente, mi ha guardato e mi ha detto: “Sono arrivato alla fine della strada”. Io l’ho guardato e non ho detto nulla, ma nel mio silenzio c’erano nascoste più di mille parole e credo che lui le abbia intese tutte. Il venerdì successivo, ero al suo funerale. Luisa C