28 gennaio 2013

Shoah


Prima di tutto vennero a prendere gli zingari 
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

(Martin Niemöller 1892-1984)

27 gennaio 2013

Sono un "baby boomer"


Nei giorni scorsi ho ultimato la lettura del libro di Federico Rampini “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo – manifesto generazionale per non rinunciare al futuro”. Non si tratta di un "vero" libro, ma della ristampa di una serie di brevi articoli già pubblicati sul quotidiano del quale l’autore è corrispondente dagli USA. Articoli tutti inerenti il tema dei cosiddetti “baby boomers”. È un genere di saggistica che non mi attira, sia perchè la forma adottata non offre sufficienti approfondimenti, sia perchè su gran parte delle tematiche sociologiche si può dire tutto ed il contrario di tutto. Tuttavia, rientrando anch’io, seppur di poco, nel range anagrafico che mi classifica come “baby boomer” mi sono posto alcune domande. Ad esempio: perché …
... il significativo innalzamento dell’aspettativa di vita, in termini sia quantitativi che qualitativi, viene considerato una conquista a livello individuale, ma un grave pericolo (e quindi un danno) a livello sociale?
... un sessantenne in buone condizioni (come nella maggioranza dei casi) e con una prospettiva di diversi anni di capacità produttiva viene considerato di intralcio, di ostacolo all’inserimento della generazione successiva nel mondo del lavoro?
... si parla di noi in termini di gerontocrazia, di generazione tappo, ancorata a privilegi anacronistici, consumatori di risorse sociali, mentre mi ritengo fonte di saggezza, depositario di esperienze, possibile guida?
... un rancore così forte nei confronti di padri/nonni apparsi solo una generazione dopo quella, allora rispettata, ma che ha causato l’olocausto della seconda guerra mondiale e subito dopo ci ha riempito il materasso di ordigni nucleari?
... si innalza l’età pensionabile e nel contempo si incentivano le uscite anticipate dal mondo del lavoro di chi non ha ancora sessanta anni?
... le pensioni perdono continuamente potere di acquisto, non venendo adeguate all’inflazione, e nel contempo veniamo colpevolizzati se non compriamo una nuova automobile ogni anno?
... il mercato non offre posti di lavoro per i nostri figli, mentre gran parte degli articoli che acquistiamo reca sulla targhetta la scritta “made in china”?

Adesso cambio genere di lettura. Gianpietro

20 gennaio 2013

Quel 17 gennaio


Solo dopo aver pubblicato il commento al post di Cristina sulle “badanti” mi sono reso conto che era il 17 gennaio. Ho avuto bisogno di quell’input per ricordarmi che in quello stesso giorno di sei anni fa aiutavo Valentina (la badante) a lavare e rivestire il corpo ancora caldo di mia madre. Diversamente, avrei di certo ignorato la ricorrenza. Ci ho riflettuto in questi giorni e mi sono chiesto se quella morte mi ha procurato sofferenza, se ho impiegato del tempo per elaborare il lutto, se conservo memorie che mi tengono a lei legato. No, niente di tutto ciò. Si è verificata una soluzione di continuità, un trasloco che non lascia indirizzo. Fine, non c’è da voltare pagina, ci si riorganizza e basta. Detesto le cerimonie, rifuggo i funerali e non sopporto l’immagine dei cimiteri, o l’idea di portare fiori sulle tombe. Situazioni nelle quali mi sono venuto a trovare, ma che ho vissuto con ipocrisia. Non amavo mia madre? È probabile, ma con mio padre non è andata diversamente. Non li ho visti morire. Un’auto che bloccava l’uscita dal parcheggio mi ha fatto arrivare in ospedale pochi minuti dopo che mio padre era morto. E quando la badante ha suonato alla mia porta la mamma non respirava già più. Non ho dovuto chiudere i loro occhi, ma ricordo le mani calde e morbide. Ho intrecciato le mie dita alle loro e le ho tenute strette il tempo di un saluto, l’invito a non trattenersi, a seguire la loro strada dimenticandosi di noi. Poi mi sono occupato di ciò che andava fatto. Li penso raramente e sempre in collegamento ad episodi di vita. Non soffro per la loro assenza, né vado a rileggerne il nome sulla lapide. Mi chiedo se sia giusto, o se difetto di sentimenti. Non ho una risposta, ma vorrei che quel giorno anche gli altri facessero lo stesso con me. Gianpietro

15 gennaio 2013

Vengono soprattutto dall'Est ..


Vengono soprattutto dai paesi dell’Est, ma anche dal Perù, dalla Bolivia e dalle Filippine. Le abbiamo messe accanto alla fragilità e alla sofferenza di disabili e anziani, abbiamo affidato a loro i nostri affetti più cari, svolgono mansioni che nemmeno la nostra carità di figli potrebbero farci svolgere senza provare disgusto, però abbiamo messo loro un nome che non è né bello né dignitoso: le abbiamo chiamate badanti. Il termine viene dal mondo contadino e si riferisce alla persona che bada alle mucche o agli altri animali della stalla. Chi come me non ha mai amato questa parola ci gira intorno, ma susciterebbe derisione se dicesse di avere in casa una governante, una cameriera o una domestica. I ricchi hanno persone che svolgono quelle mansioni, la classe media ha le “badanti” per assistere i familiari e le “donne” per fare le pulizie. Ieri è stato il primo giorno di Nina (non è il suo vero nome, ma la chiamerò così) che è venuta per assistere la mia mamma anziana, mentre io sono al lavoro. Avrei baciato la terra su cui cammina, tanto è il sollievo e il conforto che ha portato nella mia vita. Dice che al suo paese ha fatto la fisioterapista e da quattro anni lavora in Italia, per far studiare i figli. Non c’è nessuna possibilità di controllare le informazioni, e ci si affida alle referenze, soprattutto se, come nel suo caso, ha già lavorato presso una famiglia che si conosce. Nina non esprime le sue emozioni, o per meglio dire ha una sola espressione: sorride sempre annuendo. A volte mi chiedo se abbia veramente capito, ma non voglio ferire la sua suscettibilità, ripetendole le cose più volte. Non sono ancora riuscita a capire che cosa le piaccia mangiare, perché a questa domanda risponde sempre che per lei  non è un problema. Ho riempito allora il frigorifero con tutto: filetto di manzo e di pollo, prosciutto, formaggio, verdure di tutti i tipi, frutta, vasetti di salsa e condimenti vari; e così la dispensa di pasta, funghi e tutte le cose che possono stare fuori dal frigorifero. Ed è divertente, perché, risolto il problema dell’assistenza di  mia madre, si presenta quello di assistere chi la assiste. Gli amici mi hanno detto che non appena trovano di meglio se ne vanno e ci lasciano così, senza  nemmeno un preavviso, e allora la vita diventa una gara per essere la famiglia migliore, presso cui possano desiderare di lavorare. Cristina