26 febbraio 2010

Raccogliere una storia

Sere fa, al corso sulla "Locanda della memoria", ho colto questa espressione: "raccogliere la storia di un anziano" e, istintivamente, l'ho associata ad una immagine di precarietà e di instabilità. Analogamente, l'immagine dell'anziano, che, con disinvoltura, classifichiamo nella fascia di coloro che sono "a rischio esclusione", provoca in me profonda tristezza e disorientamento. Mi viene allora da pensare a quanto c'è di vero nell'affermazione che "l'umanità è sopravvalutata" (e non certo nell'accezione attribuita dallo squilibrato che l'adotta come alibi per compiere una strage dentro una scuola), se basta un nulla (nel fluire dell'universo) per trasformare una esistenza attiva in un relitto bisognoso di essere rimorchiato. Gli anni scorrono, i congiunti ci lasciano e, senza occupazione, la vecchiaia è fatta di tante attese tra un vuoto ed il successivo. La società si accorge di te solo per spostarti di una casella nello stilare le proprie statistiche. Non più popolazione attiva, ma soggetto a rischio esclusione. E se vorrai sopravvivere a te stesso hai bisogno di qualcuno che "raccolga" la storia che ti stai lasciando alle spalle. Spera allora di averlo già fatto, di essere stato capace di scriverla da solo quella storia, perchè non è detto che troverai una penna pronta a farlo al tuo posto, nè una voce che ne legga alcuni brani davanti alla tua bara. Gianpietro

21 febbraio 2010

Diritti e doveri

Quando ho accettato di scrivere l’autobiografia di un anziano avevo in mente la costruzione di una storia attorno a singoli episodi di vita appena abbozzati. Spunti buoni per sviluppare un intreccio, magari infarcito di una qualche velleità letteraria. Le lezioni di Savino e, soprattutto, le prime simulazioni d’aula mi portano a contenere lo slancio iniziale, ridimensionando le aspettative personali. L’intervistato ha tutti i diritti, mentre all’intervistatore restano solo i doveri, ci dice Savino, e ciò si comprende e lo si può accettare solo modificando l’obiettivo. Dallo “scrivere una storia” si deve passare al “trascrivere un’autobiografia”. Non più creatori, seppure guidati, ma amanuensi, non importa quanto informatizzati. Se non fossimo partiti per quest’avventura con l’immagine del cofanetto, tutto sarebbe ora più facile. Meglio, comunque, una brusca frenata adesso, che la delusione domani verso un prodotto che sentiremo non appartenerci. Mi è stato negato anche il diritto al rifiuto, prerogativa che, tuttavia, dovrò riconoscere al mio intervistato. Lui potrà non rispecchiarsi in ciò che mi avrà detto, mentre io non potrò dissociarmi da ciò che lui vorrà che io scriva. Dovendo accettare questa asimmetria, credo che la mia non sarà una storia da pubblicare, ma da lasciare sulla poltrona della casa che mi avrà ospitato. Gianpietro