3 luglio 2012

Sul dare

(pag. 8): "E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito. Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza."

Questo capitolo mi riporta all'episodio del Vangelo di Marco (Mc 10,17-31) in cui l'incapacità di un ricco di lasciare i propri beni dà a Gesù l'occasione per avvertire i propri discepoli del pericolo che consiste nel lasciarsi imprigionare nell'orizzonte soffocante delle ricchezze. Se il nostro sguardo è catturato dai beni (da quelli che si hanno e da quelli che si vorrebbero avere) saremo prigionieri dei beni. Vivremo nella paura di perderli o di non poterli mai avere. La ricchezza in sé non va però condannata. Non la mano, ma il cuore deve star lontano da essa. Si tratta di saperla utilizzare per il bene degli altri. Chi è ricco lo è per gli altri. Resta comunque sempre il fatto che è quando si dona se stessi che si dona veramente. E lo si deve fare "senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito". Perchè donarsi in questo modo fa sentir bene se stessi prima ancora dei beneficiari del proprio aiuto. Maria Maddalena