20 gennaio 2013

Quel 17 gennaio


Solo dopo aver pubblicato il commento al post di Cristina sulle “badanti” mi sono reso conto che era il 17 gennaio. Ho avuto bisogno di quell’input per ricordarmi che in quello stesso giorno di sei anni fa aiutavo Valentina (la badante) a lavare e rivestire il corpo ancora caldo di mia madre. Diversamente, avrei di certo ignorato la ricorrenza. Ci ho riflettuto in questi giorni e mi sono chiesto se quella morte mi ha procurato sofferenza, se ho impiegato del tempo per elaborare il lutto, se conservo memorie che mi tengono a lei legato. No, niente di tutto ciò. Si è verificata una soluzione di continuità, un trasloco che non lascia indirizzo. Fine, non c’è da voltare pagina, ci si riorganizza e basta. Detesto le cerimonie, rifuggo i funerali e non sopporto l’immagine dei cimiteri, o l’idea di portare fiori sulle tombe. Situazioni nelle quali mi sono venuto a trovare, ma che ho vissuto con ipocrisia. Non amavo mia madre? È probabile, ma con mio padre non è andata diversamente. Non li ho visti morire. Un’auto che bloccava l’uscita dal parcheggio mi ha fatto arrivare in ospedale pochi minuti dopo che mio padre era morto. E quando la badante ha suonato alla mia porta la mamma non respirava già più. Non ho dovuto chiudere i loro occhi, ma ricordo le mani calde e morbide. Ho intrecciato le mie dita alle loro e le ho tenute strette il tempo di un saluto, l’invito a non trattenersi, a seguire la loro strada dimenticandosi di noi. Poi mi sono occupato di ciò che andava fatto. Li penso raramente e sempre in collegamento ad episodi di vita. Non soffro per la loro assenza, né vado a rileggerne il nome sulla lapide. Mi chiedo se sia giusto, o se difetto di sentimenti. Non ho una risposta, ma vorrei che quel giorno anche gli altri facessero lo stesso con me. Gianpietro

4 commenti:

Cristina ha detto...

L’ordine naturale delle cose sarebbe che i genitori crescessero i figli e poi se ne distaccassero, perché questi potessero, a loro volta, fare la vita che hanno scelto. Se io avessi avuto dei figli, li avrei voluti liberi ed emancipati dal nido in cui i genitori li avessero cresciuti, fino alla maggior età.
Ma i genitori non si scelgono e allora bisogna prendere atto che non tutti la pensano allo stesso modo. Così, io sono stata presente alla morte di mio padre, solo perché per mia madre era importante che in quel momento non fosse solo, ma avesse qualcuno della famiglia, accanto. E adesso vivo con mia madre, solo perché lei lo me lo ha chiesto e non ho potuto rifiutare e, visto che devo farlo, cerco di farlo con affetto e volentieri, perché non c’è nulla di peggio delle cose che si fanno solo per dovere.
L’amore che abbiamo per le persone non è tutto uguale e sarebbe persino indicativo di un rapporto malato avere per i genitori l’amore che abbiamo per il nostro partner. Dei genitori ci dobbiamo prendere cura con senso di responsabilità e con affetto, ma poi sappiamo da tempo che molto probabilmente li vedremo morire, e non ci devono mancare, perché loro hanno già fatto tutto quello che dovevano fare e noi dobbiamo, a quel punto, saper camminare da soli e con le nostre gambe.
Ma ben diverso sarà se ci toccherà separarci dalla persona amata. In quel momento, io vorrei essere con lui, per essergli vicino e, guardandolo negli occhi, dirgli che non c’è distacco, perché ormai sarà per sempre dentro di me e io in lui.

Gianpietro ha detto...

Ricorre il sesto anniversario dalla morte di mia madre ed ecco il post di Cristina sulle badanti venute dall'Est.
D'istinto scrivo un commento nel quale racconto la mia esperienza.
Giusto il tempo di una riflessione e ieri notte pubblico questo post "molto" commemorativo.
A fine mattina vengo trascinato da mia moglie al supermercato e mentre regolo il conto alle casse, la sento invitare a pranzo una signora che subito non riconosco.
Dopo sei anni oggi avevamo a pranzo Valentina, l'ultima badante di mia madre.
Qualcuno mi sta chiamando?
Gianpietro

Maria Maddalena ha detto...

Penso che nella vita di tutti noi si verifichino delle coincidenze, a volte persino inquietanti!
Se siano veramente solo coincidenze o se ci sia un filo invisibile che unisce le nostre vite, ora non ci è dato sapere.
Probabilmente all'interrogativo di fronte al quale questa coincidenza voleva porti, hai già risposto nel post di apertura.

Cristina ha detto...

“Ogni cosa è compiuta nell’invisibile prima di manifestarsi nel visibile, nell’ideale prima di attuarsi nel reale, nello spirito prima di prodursi nella materia. Il regno dell’invisibile è il regno della causa; il regno del visibile è il regno dell’effetto. La natura dell’effetto è sempre determinata e condizionata dalla natura della causa.”
(In armonia con l’infinito, R.W.Trine)
Quelle che chiamiamo coincidenze – dice Trine, nel suo bellissimo libro “In armonia con l’infinito”, una lettura importante e fondamentale nella storia del pensiero- non sono che l’effetto di una legge universale secondo la quale le cose simili si attraggono.
E’ capitato spesso anche a me di pensare intensamente a delle persone e poi di incontrarle anche dopo tanto tempo. Ma chissà quante altre volte ci saremo incrociati senza accorgercene.
E chissà quante volte qualcuno avrà scritto o detto qualcosa al quale però io presto attenzione solo in un momento particolare della mia vita o se fa affiorare in me un pensiero di cui fino a poco fa ero inconsapevole.