8 dicembre 2007

mutar di pelle

un tempo di riflessione
Quello che ho deciso di regalarmi oggi è un tempo di riflessione. Un piccolo ritaglio di giornata affrancato dall’imperativo di colmare ogni minuto con qualcosa che abbia un peso, che sia sostanza misurabile. È mattino e sto svolgendo il servizio EmmauS, che oggi può anche limitarsi ad una compagnia silenziosa. Lascio acceso il televisore su un canale musicale, tenendo basso il volume, perché lui riceva sempre lo stimolo di un suono e di un’immagine. Lo vedo molto attento, concentrato sui fotogrammi che scorrono. A tratti socchiude gli occhi e sembra volersi appisolare. È tranquillo, sereno, direi in buona salute. Alcuni impegni non posso dimenticarli, ma quelli fanno ormai parte della routine. Nelle ore che trascorriamo assieme ho così il tempo di osservarmi e di riflettere su ciò che la mente osserva. E la percezione che ho è l’insorgere di un cambiamento. Mi sembra di riconoscere un nuovo atteggiamento, sconosciuto solo pochi anni fa. Non si è trattato di un'esplosione improvvisa, ma di mutamenti graduali, legati ai tanti episodi della vita, che, come una goccia insistente, hanno pian piano modellato il carattere, mettendo allo scoperto terminazioni nervose sconosciute. Niente di clamoroso, ma piccoli atti preparatori come il lento scivolar via della pelle quando il serpente compie la sua muta. Nulla a che vedere con l’esibizione(ismo) di tanto tempo fa. Ero ancora parte dell’ingranaggio chiamato lavoro, che affrontavo con impegno, pur avendo la consapevolezza del rischio di venirne stritolato, quando un giorno decisi di cancellare l’immagine di uomo in divisa, di pinguino grigio ed uniforme. Lo feci rinnovando il guardaroba con abiti dai colori vivaci scelti tra quelli che, più degli altri, mi piacevano. Dal giallo al rosso, con l’arancione e l’ocra al centro. L’effetto per chi mi stava intorno fu sconvolgente, inaspettato, tale da suggestionarmi fino a farmi sentire come se fossi veramente nuovo e fresco. In realtà nulla era mutato nello scorrere delle giornate, spese affrontando gli impegni di sempre. Il confronto con l’io di oggi è improponibile. Solo in certi sogni agitati continuo, amplificandola e deformandola, fino a ridurla ad un ricordo opprimente, l’esperienza di quegli anni grigi. Se c’è stato un rinnovamento questo ha certamente interessato il mio guardaroba interiore, non quello riposto negli armadi. Capisco che in questo blog dovrei limitarmi a scrivere dell’esperienza di volontario EmmauS, di aspetti che possiamo condividere, ma ho ritenuto di dover rispettare una delle regole che mi sono imposto. Scrivere di ciò che conosco. È per questo che vi parlo di me, del ventenne che non si capacita di vivere in un corpo che ne ha molti di più. Di uno spirito giovane cui nessuno ha spiegato il tutt’altro che lento scorrere delle stagioni della vita e che si inalbera sentendosi chiamare vecchio. Voglio dirvi di un volontario che ancora non sa se ha bisogno di un Dio per vivere, temendo il rischio di trasformarlo in alibi per le proprie debolezze. Vi parlo di un individuo che sa di fornire di sé tante immagini quante sono le persone con le quali entra in contatto. Immagini che deve accettare perché non esiste nulla di più falso ed al contempo di altrettanto vero e resistente, dell’immagine proiettata oltre la retina di chi ci osserva. E se queste raffigurazioni non si assomigliano tra loro, figurarsi quanto lontane possono essere rispetto alle sequenze che abbiamo registrato dentro di noi. Ogni contatto, ogni esperienza sono un invito a mostrarci con una nuova pelle, un abito ricco di colori con il quale stupire e stupirci. EmmauS è uno dei negozi entrando nel quale abbiamo investito in un completo sgargiante, ed ora non possiamo più chiamarci fuori, fingere che non ci riguardi. C’è chi sceglie di ritirarsi, annullandosi. Noi invece abbiamo accettato il confronto con situazioni definite difficili, di forte limitazione, dove la totalità dei bisogni si riduce talvolta a pochi gesti. Dove ci si accontenta del regalo rappresentato dagli scarti di tempo di un estraneo, da un complimento, da un sorriso, da un po’ di compagnia, dal coinvolgimento in qualche piccolo servizio e nulla più. Quando tutto ciò è vicino a rappresentare il massimo delle aspettative, allora ci si sente, allo stesso tempo, un dio ed una nullità, utile e sprecato, innalzato ed umiliato. Non sei tu che hai scelto la situazione, ma è lei che ti ha voluto e come contropartita del nulla che offri, ti condiziona. Se accetti il confronto ti costringe ad un ridimensionamento inaspettato, un “venir giù dalla brocca” del quale avevi tanto bisogno e che, inconsapevolmente, eri andato alla ricerca quando ti sei iscritto al corso per nuovi volontari. Lui è sempre tranquillo, guarda la televisione e non sa che mi ha appena fatto un regalo. Un tempo di riflessione, ancora confuso, appena abbozzato, ma tutto mio e da spartire, se lo vorranno, con gli altri volontari.
Gianpietro

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