17 febbraio 2012

La semplicità

“Essere semplici non è la partenza ma l’arrivo. […] Perché la semplicità è la semplificazione del complesso: non precede ma segue l’articolata analisi dell’età adulta, con la sua capacità di introspezione, di valutazione, di critica, di opzioni scaltrite, di indagini acute, di elaborati processi logici e di complicati itinerari psicologici. […] Non si può saltare il salvifico bagno nel complesso.” Così scrive la teologa Adriana Zarri, nel suo bellissimo libro “Un eremo non è un guscio di lumaca”, mettendo in guardia a non confondere la semplicità, che è un valore, con il semplicismo, che è ignoranza e superficialità. Il vangelo ci dice che dobbiamo diventare come i bambini, ma anche qui la Zarri spiega che non dice che dobbiamo “restare” come bambini, perché in altri punti lo stesso vangelo dice che bisogna crescere e diventare adulti, ma “diventare” come bambini, distinguendo l’infanzia degli anni, che è elementarità, infantilismo, semplicismo, dall’infanzia del regno, che viene dopo e raggiunge la semplicità nell’età adulta: punto di arrivo, dopo quello che chiama il "salvifico bagno nel complesso". Appare chiaro, anche a prescindere da un discorso di fede, che il cammino della nostra esistenza non può che tendere all’unità. L’essere umano è complesso e agisce, pensa e sente a diversi livelli e se tra questi livelli c’è conflitto, sente disagio e sofferenza, se c’è equilibrio, si sente sereno e rappacificato. Per questo è importante tenere presente che siamo in cammino verso la semplicità, che è unità, ma non monismo, bensì sintesi che include pluralità e movimento. Può accadere che per tutta la vita non si senta il bisogno di uscire dall’infanzia e si possa restare felici e contenti in questo stadio infantile e semplicistico. Poi, però, può succedere qualcosa, che ci mette di fronte la complessità dell’esistenza, e ci troviamo confusi e rischiamo di perderci e di lasciarci prendere dall’angoscia. Questo blog nasce da un corso di scrittura, che hanno fatto i volontari, proprio perché la scrittura aiuta a mettere in ordine i pensieri, necessità urgente per chi si trova, a un certo punto della vita, accanto alla sofferenza e alla morte, altrimenti tutte le emozioni negative che nascono da questa esperienza rischiano di vagare a lungo nell'inconscio, procurando solo danni. E’ importante ricordare questo, altrimenti tutti questi discorsi che facciamo o che leggiamo in questo blog rischiano di restare un vuoto esercizio di intellettualismo, fine a se stesso, e perciò completamente inutile. Cristina

5 commenti:

Paolo ha detto...

Anch’io ho letto il bellissimo libro di Adriana Zarri “Un eremo non è un guscio di lumaca”,e anch’io credo , come rileva opportunamente Cristina, che non bisogna confondere la semplicità, che è un valore, con il semplicismo, che è ignoranza e superficialità.
Il semplicismo è ottuso e immaturo. La semplicità è invece linearità, chiarezza, sobrietà , sintesi . Questo perché si può essere semplici nel pensare, nell’agire ,nel parlare agli altri , nello stile di vita.
Personalmente guardo con sospetto i discorsi fumosi, quelli complicati, quelli eruditi. E soprattutto quelli involuti , propri dei “ cioèisti “ , che sono coloro che per venire a capo dei loro stessi discorsi li infarciscono di “ cioè” , che complicano anziché semplificare. Mentre apprezzo molto le persone di cultura ( ho conosciuto un professore universitario che era così ) che riescono a esprimere concetti anche complicati nella maniera più comprensibile e accessibile .
Un saluto caro a tutti :)

Cristina ha detto...

Che ridere i "cioèisti".:) Non avevo mai sentito questo termine. Al tempo in cui andavo a scuola io, era proibito dire "cioè" nelle interrogazioni. Adesso, l'intercalare più diffuso mi sembra che sia "praticamente".:)

Paolo ha detto...

Altro intercalare molto diffuso, e che detesto, è " come dire " , una specie di boccata d'ossigeno per trovare la parola giusta :)
Sei molto simpatica, Cristina :)

Cristina ha detto...

Grazie.:) Ma non esageriamo con i complimenti, altrimenti mi monto la testa.:) Scherzo, anch'io apprezzo molto il tono pacato dei tuoi interventi, in sintonia con i miei, ma mai polemici con nessuno.

Gianpietro ha detto...

Come dice Cristina, questo blog nasce come spazio libero, aperto a tutti coloro che accettano di rendere pubblico il diario delle proprie emozioni, o almeno una sua parte. E' stato pensato avendo ancora viva l'immagine dei partecipanti al corso di scrittura emotiva che, consegnata l'esercitazione finale la vedevano trasformata in una raccolta di storie, di scene di vita, di sofferenze e di gioie, di percorsi appena accennati che si andavano a collocare accanto al baratro di introspezioni capaci di mettere a nudo insicurezze necessariamente riconosciute comuni. Si leggeva nei loro sguardi, spontanea e prepotente, la domanda su come dare seguito, come non disperdere il patrimonio che ognuno si portava a casa dal servizio svolto e contribuiva ad accrescere nel vissuto quotidiano. Fissarlo e non disperderlo, poterlo richiamare anche a distanza di tempo, interagire con altri, conosciuti o sconosciuti che fossero, concordare come dissentire, proporre punti di vista divergenti senza pretendere di possedere la verità, sempre nel massimo rispetto sia lessicale che di pensiero. Nessuna regola, nessun vincolo, nessun divieto, nessun tabù. Nessun giudizio. Questi gli obiettivi. Il giornale si sfoglia oggi e poi lo si getta. La conferenza termina con il passaggio al guardaroba. I gruppi di riflessione non documentano e non si aprono all'esterno. Il blog ci è sembrata una scelta da sperimentare nella speranza che, col tempo, anche i più diffidenti verso lo strumento così come i più timidi a proporsi verso l'esterno, accettassero di mettersi in gioco, con semplicità e senza ansie competitive, proprio nello spirito enunciato così chiaramente da Cristina. Trovo le sue parole tanto condivisibili che voglio riprenderle a conclusione di questo commento.
"...la scrittura aiuta a mettere in ordine i pensieri, necessità urgente per chi si trova, a un certo punto della vita, accanto alla sofferenza e alla morte, altrimenti tutte le emozioni negative che nascono da questa esperienza rischiano di vagare a lungo nell'inconscio, procurando solo danni. E’ importante ricordare questo, altrimenti tutti questi discorsi che facciamo o che leggiamo in questo blog rischiano di restare un vuoto esercizio di intellettualismo, fine a se stesso, e perciò completamente inutile." Gianpietro