27 febbraio 2012

Il buonumore

Il buonumore è stato definito il fratello minore della gioia e non c’è qualità migliore per un volontario. Un’anziana invalida, con alcuni problemi di relazione con la famiglia, mi disse che quando arrivava in casa la volontaria, che le prestava assistenza, le sembrava che entrasse il sole, e questa mi sembra una bella espressione che ci fa immaginare una persona sorridente e positiva, che porta un po’ di conforto e di serenità, dove sono venuti a mancare. Però, se chiediamo alle persone che cosa desiderano di più nella vita, le sentiamo rispondere che desiderano la felicità, ma la felicità sappiamo bene che non può essere uno stato permanente, in questa nostra vita terrena, così piena di conflitti e di insidie, mentre il buonumore, invece, può essere un aspetto della personalità più stabile, perché conosco persone che sono sempre di buonumore, nonostante la vita non abbia risparmiato a loro né dolori né affanni. Uno degli errori più comuni al riguardo penso che sia quello di pensare che si nasca con una determinata predisposizione al buonumore o al suo contrario e che non ci sia nulla da fare per cambiarla. Certamente non veniamo dal nulla e nasciamo o veniamo a contatto, già nei primissimi mesi della nostra infanzia, con elementi che influenzeranno le nostre caratteristiche personali future, ma non si deve pensare che queste caratteristiche non siano modificabili. Ci sono diverse tecniche che aiutano a migliorare il nostro umore, ma credo che tra le più efficaci ci sia l’accentuazione costante degli aspetti buoni delle cose, degli uomini e della vita. Questo non significa certamente non vedere i tanti aspetti negativi presenti nel mondo che ci circonda, che devono essere osservati con atteggiamento lucido e disincanto, per non vivere costantemente nella illusione, ma poi occorre volgere l’attenzione e l’apprezzamento verso quelli positivi. E concludo con questo dialogo in versi, tra San Francesco e un suo frate, della poetessa armena, naturalizzata italiana, Vittoria Aganoor Pompilij, riportato da Roberto Assagioli in "Lo sviluppo trans personale", che descrive bene questo atteggiamento:
“Santo Francesco, un triste parmi udire
fischiar di serpi sotto gli arboscelli”.
“Io non odo che il placido stormire
della pineta e l’inno degli uccelli”.
“Santo Francesco, vien per la silvestre
via, dallo stagno, un alito che pute”.
“Io sento odor di timo e di ginestra,
io bevo di gioia e di salute”.
“Santo Francesco, qui s’affonda, e ormai
vien la sera, e siam lungi dalle celle”.
“Leva gli occhi dal fango, uomo, e vedrai
nei celesti orti rifiorir le stelle”.

Cristina

2 commenti:

Paolo ha detto...

Hai fatto molto bene , Cristina, a ricordare il buonumore, che è una qualità che potrebbe essere vista con sufficienza da molti, ma che invece è importantissima . Soprattutto per quelli che si trovano ad essere a contatto con gli altri, come i volontari, perché il buonumore è una qualità irradiante e che ci fa vedere il bello e il buono in ogni cosa.
Come in questo delizioso apologo cinese , ricordato da Ignacio Larrañaga nel suo interessante libro “ Dalla sofferenza alla pace - verso una liberazione interiore “ ( Edizioni Paoline )

Sul ponte l'amico disse all'amico:
"Guarda come sono allegri i pesci nel fiume"
L'altro replico: "Se non sei pesce, come puoi conoscere l'allegria dei pesci nel fiume?"
E il primo rispose: "Dalla mia allegria sul ponte"

Cristina ha detto...

Mi piacciono i tuoi commenti, Paolo, perché sottindendono una saggezza antica e la essenzialità di chi queste cose le ha comprese bene e ne ha fatto il centro della sua vita e sono certa di non sbagliare.:)