18 dicembre 2008

Il neonato

Tra i quadri che rappresentano il Natale, trovo molto suggestivo “Il neonato” di Georges de La Tour, pittore francese del ‘600. La scena della natività è proposta in modo semplice, quotidiano, senza angeli, aureole, né pose estatiche. Lo sfondo è scuro e rappresenta l’oscurità e il mistero della nostra vita, che spesso non comprendiamo e ci sembra, per questo, senza scopo, né speranza. In primo piano, due donne, sedute quasi una di fronte all’altra, occupano la scena: una tiene in braccio un bambino, avvolto in fasce come una piccola mummia; l’altra tiene una candela in una mano e con l’altra, con un gesto che sembra quasi una benedizione, protegge la fiamma dallo sguardo dell’osservatore, che si dirige, invece, verso il volto del bimbo, pieno di luce, come se fosse egli stesso sorgente luminosa per le due donne. Quello che mi colpisce sono le fasce: simbolo di un’umanità fragile, quella del neonato, questo Dio bambino che è sceso nella storia, ma anche nostra e della sofferenza, dentro e fuori di noi, che ogni giorno dobbiamo affrontare. Penso alle malattie di tante persone, che vivono perennemente in un letto, ma penso anche alle malattie dell’anima, che ci paralizzano e spesso ci sembra impossibile superare. Le fasce sono anche il simbolo della condizione in cui una società disumana tiene i detenuti; sono le camicie di contenzione che immobilizzano i malati del carcere psichiatrico giudiziario; sono le catene invisibili delle ragazze di strada, ridotte in schiavitù da quelli che le sfruttano e, soprattutto, da quelli che le comprano. Su tutti noi, però, brillano quelle due luci: la luce della candela, che è quella della carità fraterna, offerta e condivisa, e quella del volto del bambino, sofferenza umana trasfigurata, che ogni vita, anche la più fragile, offre come un dono e una possibilità di riscatto a tutte le altre. Cristina

1 commento:

Gianpietro ha detto...

Suggestiva e molto elegante la lettura che Cristina fa del quadro di Georges de La Tour. Colpiscono, in particolare i simbolismi legati alla luce e le analogie tra le fasce del neonato e alcune delle fragilità dell’uomo. Probabilmente, tuttavia, ciascun osservatore adotterebbe una differente chiave interpretativa e, forse, nessuna ci direbbe quali fossero le vere intenzioni dell’autore. Sta di fatto che nelle opere di La Tour, anche con soggetti diversi, il gioco di luci offerto da una candela (spesso mascherata da una mano) è una costante ed anche la fasciatura è presente in un’altra natività a testimonianza che quella di avvolgere il neonato in fasciature rigide era una prassi normale per l’epoca (ancora agli inizi del ‘900 in alcune regioni italiane si applicava quella “tortura” per evitare che il bambino crescesse con le gambe storte!). Prosaico, lo ammetto, ma questo non mi impedisce di emozionarmi davanti ai quadri di La Tour. Gianpietro