31 gennaio 2012

Il labirinto

Ho letto un articolo, piuttosto interessante, di Rossella Passavanti, sul simbolo del labirinto, che ha diversi significati, tra i quali quello della scelta dell’uomo che, a un certo punto della sua vita, si può trovare in una situazione nella quale non riesce a prevedere l’esito del suo cammino, ma comunque sceglie. L’individuo è all’interno del labirinto stesso e deve sapersi orientare, capire dove si trova per raggiungere il centro, la meta. Una situazione questa molto comune, eppure non penso ci abbiamo mai riflettuto molto e questo perché, ricorda sempre la Passavanti, l’uomo moderno è abituato a procedere in forma assolutamente binaria, ossia per sì o no, per il buono contrapposto al male, e con questi parametri crede di essere in grado di giudicare tutto. Ma questa semplificazione tra buono e cattivo è un errore, perché quello che è cattivo oggi è il buono di ieri e ciò che oggi potrebbe considerarsi buono è stato cattivo in tempi passati. Questo pensiero in questi giorni mi sta facendo riflettere sulla mia vita, ma anche su quella delle persone che assistiamo, che spesso si trovano a dover prendere delle decisioni importanti sulla loro vita, sulla loro salute, sulla loro famiglia, pur senza poter conoscere l’esito della loro decisione. Porterà dei benefici quella cura costosa o dolorosa che i medici hanno consigliato o sarà l’ennesimo esperimento di una medicina che a volte procede in modo empirico, senza pensare che il malato non può essere una cavia di laboratorio? Oppure, come sarà la vita della mia famiglia con un malato in casa e sarò in grado di assisterlo bene e serenamente e con gioia, senza alimentare conflitti e malumori, sacrificando la mia vita, quella dei miei familiari e, alla fine, anche quella del malato, che finirò per detestare? Io penso che ci aiuti già molto la consapevolezza di trovarci dentro un labirinto, nel quale dobbiamo per forza trovare l’orientamento, senza il quale non è possibile trovare la via che ci liberi dalla confusione e dalla sensazione di sentirci irrimediabilmente persi. Molto efficace, a questo proposito, è il mito di Arianna, che diede a Teseo un gomitolo di lana (il proverbiale filo d'Arianna) per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Anche noi, dunque, quando ci troviamo in una situazione di immobilità, dobbiamo cercare il filo che ci porti fuori dal labirinto, la forza dinamica cioè che mette in moto la nostra volontà. Anch’io mi sono trovata, a un certo punto, in un labirinto, in cui mi sembrava di non andare più né avanti né indietro e in cui la vita non era né buona né cattiva, ma ferma. Poi, ho trovato il mio filo di Arianna e così ho ripreso il cammino con gioia verso l’uscita. Cristina

2 commenti:

Gianpietro ha detto...

Il problema sta proprio nel "filo di Arianna". Quello che, eventualmente, ti sei portato dietro entrando nel labirinto, non ti servirà per uscirne. Perchè tu non sarai più la stessa persona e, dato che nessun fiume risale alla sorgente, dovrai trovare nuovi e diversi tipi di aiuto per raggiungere l'uscita (o il centro). Ma sempre andando avanti. Gianpietro

Cristina ha detto...

Nell'articolo che ho letto, l'autrice indicava, come filo di Arianna, il buonumore, lo stato di sereno distacco nei confronti delle situazioni. Ma penso che ogni persona possa trovare il suo e che sia diverso per ognuno di noi e anche, molto probabilmente, come giustamente rilevi, anche diverso per ogni situazione e fase della vita, perché l'essere umano si evolve e cambia. Uno abbastanza frequente penso che sia anche l'innamoramento, che di solito mette in moto e cambia tutte le vecchie prospettive della vita.