24 gennaio 2012

La piccola fiammiferaia

Le relazioni con le persone che assistiamo, per il servizio o in famiglia, non vanno sempre bene, e in questo caso occorre avere il discernimento per trovare un rimedio o una soluzione alternativa, perché aiutare gli altri deve essere sempre una gioia, e se si arriva a farlo mal volentieri diventa controproducente per noi e per l’altro e una situazione già di per sé critica può degenerare e diventare insostenibile per entrambi. Una volta che abbiamo messo la solidarietà tra i valori intorno ai quali orientare la nostra vita, diventa difficile ammettere la sconfitta, ma se ragioniamo in termini di successo o fallimento sbagliamo, perché non c’è solidarietà verso gli altri se restiamo dentro queste categorie materiali e non facciamo nostra invece l’umiltà di riconoscere che abbiamo dei limiti, e che non dobbiamo perseguire nessuna vittoria, ma solo cercare, in ogni situazione, una soluzione ragionevole ed equilibrata, per vivere serenamente insieme agli altri. Le soluzioni da prendere, in questi casi, possono essere graduali e spesso non è nemmeno necessario ricorrere a soluzioni drastiche. F. - un’amica con la quale condividevo una assistenza a domicilio - presa dall’entusiasmo degli inizi, andava due giorni alla settimana. Dopo un po’, incominciò a sentire la stanchezza di questo servizio e un po’ mortificata chiese di poter andare solo una volta. Poi, quando anche questa periodicità finì per renderla nervosa e stanca, ogni volta che usciva da quella casa, chiese di andare ogni quindici giorni, alternando quel servizio con un altro, presso un’altra persona, e le cose incominciarono ad andare molto meglio. In “Donne che corrono con i lupi”, la psicologa Clarissa Pinkola Estés descrive molto bene la situazione paralizzante in cui la donna (ma questo succede, a mio avviso, anche agli uomini) resta ferma in una situazione critica per viltà, paura, sensi di colpa o altro e per farlo si serve di una favola, “La piccola fiammiferaia”, che è la storia di una bambina che vive nei boschi al freddo e ha intorno a sé persone che non si curano di lei e non comprano i suoi fiammiferi. Invece di allontanarsi da quel luogo gelido, si culla nei sogni e alla fine muore per il freddo. “La donna congelata, priva di nutrimento, tende a elaborare continui sogni ad occhi aperti, sul "come sarebbe se": un bel giorno…, se solo avessi…, lui cambierà…, quando sarò davvero pronta…, quando mi sentirò più sicura…, quando troverò un altro. Ma questa fantasia confortevole è una fantasia che uccide. E' una distrazione seducente e letale dalla realtà.”Per tornare al nostro servizio, mi è stato molto utile, in questi anni, il discorso che mi fece un’assistente sociale, con la quale mi trovavo, periodicamente, agli inizi del volontariato, per discutere la situazione particolarmente difficile di una malata oncologica, che non aveva una famiglia che la seguisse. L’assistente sociale mi disse di ricordare che ogni persona ha in sé, fino alla fine, la capacità di fare del male a un altro e che non bisogna idealizzare mai troppo il volontariato né sentirci superiori e capaci di affrontare tutte le situazioni sempre e da soli. Diversamente dalla piccola fiammiferaia, dobbiamo evitare il facile ottimismo e le idealizzazioni e vigilare sempre sul nostro bisogno di equilibrio e di calore nella vita e fuggire dai luoghi freddi, a volte anche la nostra stessa famiglia, dove rischiamo di morire. Cristina

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