7 aprile 2009

Un tozzo di pane secco

Per lavoro, ricevo molte telefonate ed è sempre interessante, dal punto di vista antropologico, ascoltare come le persone si presentano. Non è inconsueto che qualcuno si presenti in modo minaccioso, come avvocato o funzionario di polizia, sperando di suscitare un interesse e una collaborazione maggiore, di quella alla quale forse sono abituati, in genere, parlando con un anonimo impiegato della assistenza clienti. Ho conosciuto Cesare, uno stimato professionista, ai ritiri spirituali dei gesuiti ed è una persona simpaticissima, che da anni segue con passione gli esercizi di questi padri. Ha compiuto, recentemente, su istruzione della sua guida spirituale, quello che chiamano “pellegrinaggio in povertà”, con il quale ci si propone di conoscere meglio gli altri, in un rapporto gratuito, nella consapevolezza che ciascuno si presenta meglio per quello che veramente è, quando non ha niente da offrire. Insieme ad un compagno, ha ricevuto l’incarico di fare un pellegrinaggio di trecento chilometri in cinque giorni, senza un centesimo in tasca, chiedendo passaggi e fermandosi a dormire e mangiare nelle parrocchie. L’impegno era che non dovevano dire chi fossero e recitare una formula del tipo “In nome di Cristo Gesù, chiediamo un tozzo di pane e un posto per la notte”. Solo nel caso fossero stati accolti, potevano presentarsi con le loro generalità. E’ stato molto divertente il resoconto che ha fatto sulla diversa accoglienza dei parroci, perché c’è stato anche chi li ha presi alla lettera e ha dato loro un tozzo di pane secco, invece di invitarli a cena alla loro tavola. Anche nelle nostre associazioni, ci sono titoli e gerarchie e spesso mi chiedo se siano davvero necessari e a cosa servano. Si parla spesso di stile diverso del volontariato, ma ancora non vedo tante differenze con l’organizzazione di un’azienda a profitto, e auspico davvero un modo nuovo di vivere queste attività con maggiore semplicità e sobrietà. Cristina

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