26 maggio 2008

Resistenza e resa

Sentii parlare per la prima volta di “Resistenza e resa” di Dietrich Bonhoeffer al corso di formazione EmmauS. Il relatore si servì di questo libro per spiegarci le due fasi importanti della malattia grave: la resistenza mediante le cure e, quando queste non sono più efficaci, la resa come accettazione consapevole del limite. Da allora ho letto e riletto questo libro molte volte ed è diventato uno dei miei preferiti. In carcere Bonhoeffer riesce a leggere, scrivere, riflettere, pregare, riceve pacchi dai familiari e lettere. E’ la straordinaria testimonianza di un uomo che anche in un campo di concentramento continua a resistere nel piccolo, nel poco che fa. “Attendere inattivi e restare ottusamente alla finestra non sono atteggiamenti cristiani” dice in una delle lettere. Questo concetto di resistenza mi è molto caro, lo ritrovo in tante persone che anche ai nostri giorni sanno opporre, in modo anche nascosto ai più, una sana resistenza alla sciatteria, alla volgarità, all’indifferenza e a tutte le logiche del potere. Sono persone spesso anonime, a volte anziani volontari che si prendono cura di quelli più anziani di loro, a volte persone normali che svolgono un lavoro normale e poi, dopo il lavoro, si recano nei luoghi dove abbiamo lasciato mancare l’amore, la misericordia e la giustizia. Una persona che conosco mi parlava sabato di una sua collega, docente universitaria, una donna elegante che va al lavoro in tailleur: pochi sanno che vive in un campo rom, per essere vicina a queste persone alle quali il nostro egoismo continua a togliere la dignità di un futuro. Cristina

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