21 maggio 2008

Il libro delle lodi

Le persone con cui mi trovo meglio nella chiesa sono i monaci: figure del tutto irrilevanti nella gerarchia ecclesiastica hanno una libertà maggiore di esprimere dubbi e contraddizioni, condizione indispensabile per una vera fede. Sto leggendo in questi giorni una nuova traduzione del salterio fatta da una di queste comunità. Il salterio è quella parte della bibbia che in ebraico ha come titolo “Sefer tehillim”, cioè libro delle lodi. Confesso che in passato l’atteggiamento di perenne adorazione che hanno i monaci mi lasciava un po’ perplessa: se Dio non è responsabile del male che ci succede, perché allora lodarlo? Con la ristrettezza delle mie categorie mentali, pensavo che la nostra preghiera a Dio dovesse rispettare la specificità della situazione in cui eravamo: preghiera di supplica, nel momento del bisogno, preghiera di lode, se tutto andava bene; ma riconoscevo anche tutta la banalità e meschinità di un simile ragionamento, espressione di individualismo e non di comunione. Mi è stato invece più correttamente spiegato che nella lode chi prega, pur avendo in mente una sua situazione personale, si unisce a tutte le creature (anche quelle che non hanno voce come la luna, le stelle, gli animali) e, a nome di tutte, canta il suo amen alla vita. E’ una fede che trascina tutte le creature con noi in Dio, è un ritrovarsi in Dio di tutto l’universo, un rendere grazie a lui che, se pur non ci toglie il dolore e la morte, ci dà comunque la forza di sperare e di amare. Cristina

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