9 febbraio 2009

Per chi suona la campana?



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Nessun uomo è un'isola,

completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.

Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.

La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
suona per te.

(John Donne - Meditation XVII)


Oggi è morta una ragazza che era in coma da diciassette anni. La vicenda ha fatto molto discutere l’opinione pubblica, perché il padre aveva chiesto al tribunale di poter sospendere la somministrazione dei farmaci e dei liquidi, che tenevano in vita la figlia. Ho fatto molta fatica a capire il delirio e l’esaltazione collettiva che ha preso così tante persone, per una vicenda che, negli ospedali, si ripete ogni giorno, quando per una persona non ci sono più speranze di una ripresa di coscienza. Ho pensato che, forse, questo famoso sermone di Donne possa spiegare questo meccanismo di identificazione, di rifiuto della morte, ma forse anche di affetto, per una persona che non si conosceva. Le emozioni che, invece, questa vicenda mi ha suscitato, sono state espresse in modo efficace, in una poesia di Guido Ceronetti, che si intitola “La ballata dell’angelo ferito”. Cristina

4 commenti:

Gianpietro ha detto...

Mi ero ripromesso di non proporre su questo blog considerazioni personali sulla vicenda di Eluana Englaro, ma il riferimento alla “ballata” di Ceronetti, citata da Cristina come efficace descrizione delle emozioni da lei provate, diventa un’esca alla quale abbocco senza opporre resistenza.
Parto dalla meditazione di Donne. Cristina ritiene che una possibile spiegazione del “delirio ed esaltazione collettiva che ha preso così tante persone”, sia riconducibile all’idea di identificazione “io sono parte dell’umanità” che, secondo Donne, vincola l’individuo al suo simile. Personalmente quello che è accaduto nel caso di Eluana Englaro mi è parso un disgustoso esempio di inciviltà, degno di un manuale sul “comportamento del branco”. Meschini interessi personali e di parte hanno fatto calpestare qualsiasi senso della misura e della pietà. Gente che non muoverebbe un dito per aiutare un barbone morente sul marciapiede, si è scagliata con savonarola veemenza blaterando su cose che non conosceva ed in totale assenza di basi etiche e culturali, oltre che documentali. Non voglio fare distinzioni di campo, ma ho provato vergogna per la mancanza di rispetto e lo sciacallaggio mediatico che hanno caratterizzato gran parte delle fonti di informazione.
Detto questo, ho letto la “ballata” di Cernetti, autore che conosco solo di fama, l’ho letta più volte, nella paura che qualcosa mi fosse sfuggito. Ho anche pensato ai versi che avrebbe aggiunto se l’avesse scritta solo un mese dopo (mi riferisco alla mancanza di strofe sul ruolo dei politici). Non mi è piaciuta, né stilisticamente, né per i contenuti. Aggressiva, giudicante, insultante in alcune parti. Mi sono detto: “ecco un altro che afferma di conoscere la verità, diffidane.”
Il caso di Eluana Englaro mi ha portato a riflettere, a rileggermi dentro e ad approfondire domande che spesso mi pongo. Se qualcuno lo desidera, possiamo anche parlarne, ma non chiedetemi nulla su Eluana Englaro. Gianpietro

Cristina ha detto...

Zagrebelski, in una recente intervista, ha ricordato che si dice che la costituzione è l'ordinamento che un popolo si dà quando è sobrio, per il momento in cui sarà ubriaco. Io credo che questo sia il momento della ubriacatura, o meglio il momento in cui questa vicenda ha tirato fuori le nostre emozioni di fronte alla morte e alla sofferenza, ma non è detto che siano tutte emozioni positive, occorre elaborarle, discernerle, poi forse qualcuno si vergognerà di alcune e manterrà ferme altre. Però è un momento positivo, nella sua negatività, e forse ci permetterà, un giorno, di arrivare ad un dialogo sereno, per legiferare nel modo più giusto, come hanno fatto a suo tempo i padri della costituzione, che pure storicamente uscivano da odi e guerre civili. Parlare però delle nostre emozioni è molto difficile, lo abbiamo visto anche in questo spazio: ci sono persone che mi hanno detto che leggono il blog, ma hanno difficoltà ad esprimere le loro riflessioni e considerazioni. Un altro limite che sento nel nostro modo di ragionare, è quello di giudicare anche le emozioni degli altri, le loro negatività, di criticarle. Forse dovremmo lasciare più spazio alle opinioni diverse dalle nostre e a modi differenti di sentire, senza trarre subito delle conclusioni e credere anche un po' di più alla buona fede delle persone. Io ho paura di una medicina che tenga forzatamente in vita artificiale le persone, ma penso di capire anche il punto di vista di Enzo Jannacci, quando dice che a lui, fosse suo figlio, gli basterebbe un battito di ciglia per sentirlo vivo. Cristina

Gianpietro ha detto...

Bella ed azzeccata la definizione di costituzione come stampella per l'ubriacatura di un popolo. Il timore semmai è sull'insensatezza che guida le azioni di chi è sotto i fumi dell'alcol. In quanto allo spazio che va lasciato alle opinioni dell'altro sono pienamente d'accordo con Cristina e mi scuso se a volte calco troppo i toni dei miei interventi. Penso di essere un discreto ascoltatore, ma forse non peso abbastanza le parole che uso. Vedrò di essere più attento. Gianpietro

Cristina ha detto...

A chi lo desidera, su questo argomento, segnalo un articolo di Enzo Bianchi su la Stampa del 15 febbraio 2009, riportato anche sul sito del Monastero di Bose. L'ho trovato molto interessante ed esauriente, anche per quanto riguarda il male che oggi ci affligge un po' tutti e "che trasforma la diversità in demonizzazione dell'altro, muta l'avversario in nemico, interrompe o nega il confronto o il dialogo, dando origine a posizioni ideologiche capaci di violenza prima verbale poi fisica e sociale. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce, dall'altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l'ascolto reciproco e la società sia sempre più segnata dalla barbarie". Cristina