5 settembre 2008

Il senso della vita

Nella rubrica “Lettere al Corriere” di ieri (4/9) un lettore scrive: “… il 90% delle persone non sa perché vive, lavora, procrea e muore e non sa neanche di non saperlo. Il 9% crede di saperlo, i religiosi in positivo e gli atei in negativo. Lo 0,9% non lo sa e sa di non saperlo, ci pensa e ripensa freddamente e “professionalmente”, sono i filosofi e gli agnostici. Infine ci sono io che non lo so, so di non saperlo, mi angoscio, mi dispero e non riesco a capire tutti gli altri, che comunque mandano avanti questo assurdo mondo senza senso. Perché?” Gli risponde Sergio Romano: “Credo che il quadro da lei dipinto sia verosimile. Ma non posso rispondere alla sua domanda. Posso soltanto suggerirle, pragmaticamente, di unirsi a una delle categorie descritte nella sua lettera. Si sentirà meno solo.” Nel Corriere di oggi un lettore torna sull’argomento per dire: “… Ho avuto anch’io periodi nei quali non conoscevo, ma ricercavo, il senso della vita. Ora non ho la risposta ma vorrei dare un piccolo consiglio che con me ha funzionato e sta funzionando: meglio non pensarci troppo, e godersi il presente.” Si tratta, ovviamente, di un campione d’indagine assolutamente privo di valenza statistica (al pari delle percentuali citate), tuttavia la tiratura del quotidiano fa si che diverse migliaia di persone possono essersi confrontate con quelle parole. Concetti grossolani, ma che sembrano avere quale unico sbocco l'invito ad abbandonare qualunque velleità di ricerca esterna, accettando per contro la condizione dell’esistere come un dato di fatto regolato dalle leggi della Natura. Vana pertanto ogni forma di speculazione che non sia rivolta a favorire la scoperta e lo sviluppo della propria virtù, il “demone” individuale che i greci assegnavano a ciascun individuo, ed alla cui valorizzazione e potenziamento dedicare ogni energia per il tempo che ci è concesso. Gianpietro

1 commento:

Cristina ha detto...

La ricerca del senso della vita non si esaurisce mai, come la ricerca di Dio. Ognuno di noi, prima o poi, si trova di fronte a un bivio, come Ercole di fronte alla via della “mediocritas” (vivere alla giornata, mangiare e bere) o della virtù (non in senso morale, naturalmente), che è la via dell’eccellenza, difficile e dolorosa. Ognuno sceglie quella che più gli si addice. C’è tanta gente che fa la vita delle galline, ed è felice, e non c’è niente di male: anche questa è una scelta di tutto rispetto. Ma se questa scelta non si addice al primo lettore che scrive, può anche considerare che solo per il fatto di porsi delle domande, è già in cammino. Invece di chiedere a un giornalista, farebbe forse meglio a camminare insieme a una guida spirituale. Non è necessario credere, avere la fede, anzi l’ateismo mi sembra un ottimo punto di partenza. Madre Teresa ha vissuto nella notte dell’anima per cinquant’anni, eppure ha seguito una strada che sentiva essere la sua. Per me farsi delle domande su quale sia il senso della vita è legittimo, ma bisogna anche accettare che non è come rispondere a un tele quiz: sarebbe ingenuo pensare che fosse così semplice. Cristina