19 aprile 2008

L'insegnante inglese

A metà degli anni ottanta, quando l’economia reggiana incominciò a rivolgersi in massa al mercato internazionale, molti di noi sentirono il bisogno di perfezionare il loro inglese. Sollecitate da questa grande richiesta, incominciarono a nascere in città diverse scuole private di lingua inglese e una delle migliori era diretta da un’insegnante madrelingua che divenne presto famosa, oltre che per il metodo e l’ottima dizione, anche per il rigore e l’impegno che richiedeva ai suoi allievi, quasi tutti un po’ viziati da quelle vacanze studio in Inghilterra dove si faceva di tutto fuorché imparare una lingua. Noi la chiamavamo tutti per cognome, preceduto dal Mrs, come si usava fare un tempo con gli insegnanti: il nome non lo sapevamo o lo avevamo dimenticato. Dopo quegli anni la persi di vista, ma continuai a sentirne parlare dai colleghi più giovani e dalle insegnanti che erano sotto di lei, sempre con quel tono reverenziale, misto di timore e rispetto, che suscitano le persone che prendono sul serio il lavoro che fanno. Ho faticato a riconoscerla quando la famiglia da cui vado per il servizio EmmauS ha cominciato a parlarmi di un’altra volontaria che aveva iniziato il servizio presso di loro: era inglese, ma aveva un nome che non conoscevo, e mi parlavano, soprattutto, di gesti e di modi che non mi erano familiari. La descrivevano come una persona di grande umiltà, un poco timida, con poca esperienza, desiderosa di imparare, sempre timorosa di sbagliare, che chiedeva sempre tutto, e che la prima cosa che faceva, quando incominciava il servizio, era quello di inginocchiarsi davanti all’ammalata e massaggiarle i piedi, cosa di cui lei, essendo paraplegica, sentiva un gran bisogno, ma che nessuno di noi faceva mai, non ritenendolo poi così fondamentale. Cristina

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