25 aprile 2008

Le tre età della vita

Ci è stato detto che sono molti i casi di rifiuto dell’offerta del servizio EmmauS da parte dell’assistito, a dispetto della volontà dei familiari. Immagino si tratti di anziani non autosufficienti e che portano come motivazione frasi del tipo: “Mi basta mia figlia!”. E’ facile interpretare queste parole come espressione di egoismo, di scarsa attenzione alle esigenze dei familiari. Credo tuttavia che, a volte, giochi un ruolo importante la “vergogna di sé”. Il quadro di Klimt, che dà il titolo al post, può aiutarmi a chiarire cosa intendo. Nell’immagine la madre ed il figlio appaiono sereni, uniti nell’abbraccio, reciprocamente abbandonati al sonno in una espressione di pace e di sicurezza. Il colore è sfumato l’esposizione frontale e la nudità è casta. Il figlio “sa” e la madre “deve”. La vecchia invece è distaccata, l’unico contatto è dato dai capelli che sfiorano la spalla in un timido, impercettibile accenno di richiesta d’aiuto. Il corpo, grigio e flaccido, è esposto alla vergogna, appare impudico e la nudità è oscena, totale e non mascherata. La consapevolezza è tale da indurla a nascondere interamente il volto nella mano. Solo il viso, non il seno o il pube. La figura della vecchia, diversamente dalle altre, è rivolta alla giovane, negandosi a noi estranei che l'osserviamo. Il braccio abbandonato lungo il corpo sembra dire: “Solo da te accetterò di essere guardata, degli altri ho vergogna. Aspetto il tuo risveglio sperando che, lasciata la cura del bambino, tu possa trovare il tempo di volgerti a me ed allora, quando avrai misurato il mio bisogno, ti mostrerò anche il viso, l’unica cosa che ti potrà parlare dell’io che ero. Lo farò solo con te, non con altri.” Gianpietro

1 commento:

Cristina ha detto...

Si dice che il farsi servire sia più faticoso che servire, e questo per tante ragioni tra cui il pudore del proprio corpo e della propria debolezza è certamente una delle principali. Nella mia situazione, invece, tutti i volontari sono ben accetti, perché il bisogno è totale, ma in presenza di estranei, o comunque di persone non strettamente legate alla famiglia, mi viene richiesto di non dire che sono una volontaria, ma un’amica. Questa precisazione un po’ mi ferisce, ma mi insegna anche a non idealizzare troppo quello che faccio, perché sul servizio a volte si fa anche un po’ di retorica.
Cristina