18 maggio 2013

November rain

Si pensa di potere aspettare, che non sia necessario correre, avere fretta di decidere. Ci saranno altre possibilità, nuove occasioni. Basterà farsi trovare pronti. Passano gli anni e li riempiamo di cose non fatte, di opportunità che ci siamo lasciati scivolare addosso, perdendole definitivamente. Tanto ne verranno altre: abbiamo detto. È stato così per le scelte di studio, lavorative, culturali, di svago, di ricerca, affettive… Sono soprattutto le persone che tendiamo a considerarle di passaggio. È come se le vedessimo immerse in un flusso continuo nel quale crediamo di poterci inserire a nostra discrezione. Siamo convinti di avere il diritto a pescarvi sempre il meglio, ma senza fretta, tanto c’è tempo, ne passeranno di più interessanti. Per alcuni, queste scelte risultano condizionate dall'ambiente, dalle tradizioni, da vincoli oggetivi, da figure estranee. Il peso delle decisioni viene rimosso dalle spalle di chi dovrebbe/vorrebbe portarlo e spostato su altri che diventano così proprietari anche dell’anima. In entrambi i casi le difese accumulate negli anni si ergono a formare una barriera che toglie l’orizzonte alla vista e respinge chi vorrebbe accostarsi. Molte occasioni non si ripresenteranno più. Ma quando un giorno incontriamo la persona che sognavamo di poter scegliere e dalla quale vorremmo essere scelti, ecco che intorno a noi la gabbia ha già preso forma e consistenza, ed anche il tempo assume ben altra rilevanza. L’insofferenza pervade le giornate, ogni attimo d’attesa è visto come uno spreco. Siamo noi a trovarci trascinati dalla corrente, invocando un braccio che si allunghi nella nostra direzione prima di venire sospinti oltre. Vorremmo gridare: “Non perdere questa opportunità! Cambia il corso dell’esistenza! Fermati e scegli!”. Parole che pronunceremo a gran voce, consapevoli che potremmo non essere ascoltati. Gianpietro

4 commenti:

Cristina ha detto...

“Molte occasioni non si ripresenteranno più”, scrive Gianpietro ed è proprio così.

Capita spesso anche a me di pensare alle cosiddette occasioni mancate: se avessi scelto una facoltà diversa all’università, se avessi intrapreso un lavoro autonomo, che oggi penso più congeniale a me, se avessi avuto dei figli, se avessi cercato di trattenere chi voleva uscire dalla mia vita, se …. se … se …

Ed è naturale pensare così, perché l’uomo agisce spinto dal principio del piacere, che in parole povere vuol dire mangiare una torta, desiderando nello stesso tempo di averla, mentre il principio della realtà impone sempre una scelta, tra tante diverse.

Ma non ci deve abbandonare la consapevolezza che abbiamo una forza di volontà e un raggio di azione, sempre, per fare questa scelta. Non dobbiamo mai lasciarci vivere né piangerci addosso e non è certamente mai troppo tardi per cambiare.

Quando i miei pensieri volgono al pessimismo, mi aiuta una frase con cui inizia un testo fondamentale del pensiero moderno, che si intitola: “In armonia con l’infinito” di Ralph Waldo Trine:

“L’ottimista ha ragione; il pessimista ha ragione. L’uno differisce dall’altro come la luce da le tenebre; eppure, hanno tutti e due ragione. Ciascuno ha ragione dal proprio, speciale, punto di vista, e questo punto di vista è il fattore determinante nella vita di ciascuno. Ne determina il potere o l’impotenza, la pace o il dolore, il successo o l’insuccesso. L’ottimista ha il potere di vedere le cose nella loro integrità e nelle loro giuste relazioni. Il pessimista guarda da un punto di vista limitato ed unilaterale. […] Voi ed io abbiamo le caratteristiche predominanti d’un ottimista o quelle di un pessimista. Fabbrichiamo quindi, d’ora in ora, il nostro paradiso o il nostro inferno. […] La parola paradiso significa armonia. La parola inferno viene dall’antico vocabolo inglese hell che significa circondare da un muro, separare; l’essere helled significava essere segregati.”

Gianpietro ha detto...

Credi veramente che paradiso e inferno (i nostri beninteso) siano riconducibili unicamente alla dicotomia ottimismo/pessimismo? O piuttosto non ritieni che questi atteggiamenti siano solo uno dei tanti fattori che entrano in gioco? Personalmente quella che citi (di Trine) mi sembra una visione dell'esistenza un ... tantino manichea.

Cristina ha detto...

Più di tutto, penso che nella vita tutto sia percezione, altrimenti non si spiegherebbe come ci siano persone la cui vita è stata costellata di difficoltà e di disgrazie, eppure sono serene e capaci di diffondere serenità intorno a loro e invece persone che apparentemente hanno avuto tutto, eppure sono infelici e pensano al suicidio.
Posto questo, credo che sia buona cosa intraprendere la via della saggezza, che porta a una conoscenza illuminata e fuori dalla piccolezza e meschinità del nostro io, che ha la tendenza a mettersi al centro dell’universo e a pensare che tutto gli sia dovuto.
E in questo senso, Trine è uno dei tanti pensatori che mi hanno aiutato a vivere un orizzonte più ampio. Premesso questo, credo però che la saggezza non possa essere insegnata e sia nel vero il buddismo quando afferma:
“Non fatevi guidare dalla tradizione, dalla consuetudine o dal sentito dire, dai testi sacri, dalla logica, né dalla dialettica o dall’inclinazione per una teoria. Non fatevi convincere dall’apparente intelligenza di qualcuno o dal rispetto per un maestro... Quando capite da voi stessi che cosa è falso, stolto e cattivo, vedendo che porta danno e sofferenza, abbandonatelo ... E quando capite da voi stessi che cosa è giusto ... coltivatelo”.

Per questo motivo, non voglio convincere nessuno della bontà delle teorie, che cerco di coltivare, perché a me hanno fatto bene, e questa è l'unica cosa che posso affermare, senza nessuna pretesa che questa sia la strada giusta o la sola.

Gianpietro ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te e con la citazione del Buddha. Non per niente era l'illuminato.