6 maggio 2013

L'arte della semplicità

L’arte della semplicità” è il titolo di un bel libro di Dominique Loreau, che dagli anni ’70 vive in Giappone e ha adottato lo stile della filosofia zen anche nella sua vita pratica di tutti i giorni. Questo è un argomento che mi sta molto a cuore e credo che sia importante precisare che semplice non ha il significato di una diminuzione, ma significa essenziale. Viviamo circondati da migliaia di oggetti, molto spesso inutili, che però ci dispiace buttare via, perché sono legati a un ricordo o perché sono stati di moda e li abbiamo pagati tanto o perché pensiamo possano tornare a servire un giorno o l’altro. Dopo aver letto questo libro, viene voglia di eliminarli una volta per tutte e certamente non li rimpiangeremo. Gli oggetti che ci servono veramente sono davvero pochi e non bisogna pensare che una casa disadorna perda in bellezza, perché invece gli spazi si riempiranno di luce, di profumo, di aria: elementi bellissimi che renderanno migliore la nostra vita. Io ho cominciato anni fa a liberarmi degli oggetti inutili e soprattutto di quelli brutti e questo ha fatto nascere in me, per ogni nuovo acquisto, il bisogno di comprare solo quello che veramente mi serve e non occupa solo spazio, ma che sia anche bello, artigianale, piacevole al tatto e alla vista, pensando anche che quando lo eliminerò, perché mi avrà stancato, potrò darlo a qualcuno e questa persona ne ricaverà il piacere, alla sua vista, che ha dato a me la prima volta. E non importa se questa persona, che avrà un mio abito, o una borsa, o un servizio di piatti, o un gioiello, sarà un’amica, un familiare, un povero, che si veste con quello che si lascia nei cassonetti della Caritas. Sarà bello condividere con altri l’oggetto che abbiamo acquistato, solo se non è sciupato ed è ancora bello, come quando lo abbiamo ricevuto noi la prima volta. Così ho fatto con i libri. Quelli che non mi erano piaciuti sono finiti nel cassonetto della carta da riciclo e ho regalato solo quelli che, pur essendomi piaciuti, non avrei riletto, perché nella biblioteca di casa è meglio tenere solo pochi libri, essenziali, importanti, che amiamo leggere e rileggere, e per tutti gli altri, fortunatamente, adesso c’è il lettore digitale, che ne contiene migliaia e non occupa spazio. Dopo essermi circondata solo di oggetti belli e funzionali, in casa, è stata la volta di fare pulizia nei miei pensieri. Quanti luoghi comuni, quante idee fisse inculcate nella mia testa, chissà quando e chissà da chi. Solo tra le amicizie non ho fatto nessuna pulizia, come invece sembra raccomandare questo piccolo libro, perché quelle che ho sono poche e mi sono tutte care. Sono tutte diverse tra loro e anche da me, ma non importa: alcune sono recenti, magari acquisite sul web o frequentando qualche comunità, altre, di vecchia data, risalgono addirittura all’infanzia.
Concludo infine con un pensiero di Thoreau a cui ricorro spesso e che forse oggi varrebbe la pena per molti di ricordare: “Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno.” (David Thoreau, Walden). Cristina

3 commenti:

Gianpietro ha detto...

Ad un primo controllo sembra che il libro non sia presente nelle biblioteche comunali di Reggio E. ed i, pochi, commenti riportati sul web lo trattano con sufficienza (della stessa autrice è "L'arte delle liste"). Mi fido pertanto del giudizio di Cristina basato sul concetto di "essenzialità". E' in quest'ottica che va interpretata la scelta dell'immagine (tutt'altro che riduttiva, a mio avviso). Allo stesso risultato (2+2=4) si sarebbe potuti giungere avvalendosi di algoritmi sofisticati ed attraverso percorsi tortuosi. Quando possibile, la semplicità (la via diretta) è da preferirsi. Non sempre però è giusto farlo. Si rischia di trascurare aree d'ombra, variabili che, se inesplorate, possono confondere il nostro interlocutore (inteso in senso lato). C'è chi lo fa per istinto dando così soddisfazione alla propria indole (involuta) e chi invece come scelta ragionata, tema per tema. Mi auguro di rientrare in questa seconda categoria, ma accetto che non tutti siano d'accordo. Gianpietro

Paolo ha detto...

Il richiamo alla semplicità è troppo interessante per non intervenire.
Certamente se per “semplicità “ si intende la nozione prospettata da Dominique Loreau, vale a dire il liberarsi di tanti oggetti, allora devo ammettere di non essere per nulla semplice. A me piace vivere circondato di tante cose forse inutili, ma che per me hanno costituito qualcosa in passato e che sono parte della mia vita. Così qualche giorno fa ho ritrovato degli appunti dell’università, che ho riposto insieme a tante altre cose : fotografie, vecchie agende, libri, ritagli di giornali, quaderni, appunti, dischi in vinile , audiocassette o videocassette VHS, e tanti altri oggetti che potrebbero essere addirittura definiti “ cianfrusaglie “ se non fossero pezzi della mia vita e non mi parlassero di ciò che ero o di persone lontane o che non sono più, o di luoghi che appartengono alla memoria. Se la semplicità è questa devo purtroppo ammettere di non essere affatto semplice. Ma se “ semplicità “ è invece non volersi circondare di oggetti di valore, voler considerare solo ciò che è essenziale, e saper assaporare ciò che c’è di vero nella vita, al di là del consumismo o dell’apparire, allora posso ben definirmi una persona semplice.
Mi viene in mente, a questo proposito, la figura di Papa Francesco, che della semplicità e dell’essenzialità ha fatto la sua bandiera. Una personalità che mi ha subito colpito per la potenza della sua espressione che nasce proprio dall’umiltà . E, sia ben chiaro, ne parlo da laico al di là di qualunque valutazione di carattere confessionale. Ma Papa Francesco ha la capacità di saper parlare a tutti, non solo ai cattolici, e di saper additare al mondo una via nuova che non è quella del potere, dell’avere o del conseguire beni.

“Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno.”, dice Cristina citando Thoreau e faccio mio questo pensiero perché è proprio così. Ma i bisogni non sono legati solo alle cose, e allora forse mi si perdonerà il mio attaccamento a tante cianfrusaglie.

Cristina ha detto...

Il pregio di questo libro, che qualcuno davvero potrebbe trattare con sufficienza, come osserva Gianpietro, perché non è certamente un’opera letteraria, è comunque quello di calare un pensiero antico, come quello di Buddha o Seneca, solo per citarne alcuni, nella vita quotidiana del nostro secolo. Abbiamo chi più chi meno studiato tutti i grandi maestri del passato o almeno ne abbiamo sentito parlare. Ma ha ancora un senso il loro pensiero oggi? Perché le case editrici non pubblicano più molti dei libri di Thoreau, di Emerson, di quella fase del pensiero moderno così importante? Oppure perché si dice che il latino e il greco antico sono lingue inutili, quando se queste muoiono con loro se ne va anche tanto pensiero?
Significa a mio avviso che dobbiamo rieducarci a considerare l’essenziale, quello che è importante mantenere e quello che si può tranquillamente eliminare. Solo che nella vita attuale non è facile individuarlo.
E allora lode a chi, seppure in un piccolo libro, ce ne fa degli esempi.
Ma è solo una indicazione, poi, una volta capito il concetto, ognuno lo dovrà applicare alla propria vita.
Quindi è giustissimo che Paolo, tra le migliaia di oggetti che avrà avuto nella sua vita, salvi i dischi, i diari e qualche altra cosa a lui cara, e che cerchi poi l’essenziale nelle amicizie vere, nella vita di tutti i giorni, senza circondarsi di oggetti di lusso o vestiti firmati, di cui non gli importa nulla.
Scrive Seneca nel De vita beata:
“Il cibo deve saziare la fame, come una bevanda la sete; alle necessità fisiche si deve provvedere come richiede la natura; impariamo a reggerci sulle nostre gambe, a conformare il nostro tenore di vita non alla moda, ma ai saggi consigli degli antichi; cerchiamo di rinsaldare la nostra continenza, di moderare il lusso e l’ambizione, di placare l’ira, di guardare di buon occhio un’eventuale povertà, di coltivare un vitto modesto, che per molti è causa di vergogna, di ricorrere per le necessità ai rimedi più naturali e meno dispendiosi, di mantenere sempre entro i dovuti limiti le speranze sfrenate e l’animo smaniosamente proteso verso il futuro, educandolo a pretendere la ricchezza da se stesso più che dalla fortuna”.
Quindi anche in questo libro di Dominique Loreau non c'è niente di nuovo: è un pensiero che viene da lontano, che però va interpretato nella vita di oggi, perché questo è il tempo che abbiamo a disposizione per vivere e, se possibile, per vivere bene.