22 maggio 2013

Le scelte


I nostri comportamenti dipendono da un’infinità di fattori. Impossibile stilarne un elenco esaustivo. Solo per citarne alcuni: la differenza di genere, lo stadio dell’esistenza, le condizioni di salute, le risorse a disposizione, le condizioni ambientali, le convenzioni ed il ruolo sociale, la storia personale, i vincoli familiari, la cultura, le tradizioni, l’educazione, le aspettative individuali e le pressioni sociali, lo stato emotivo e psichico del momento, il carattere, la sensibilità … i pensieri … i sentimenti …. E questi sono solo una parte degli elementi che entrano in gioco, a diversi livelli d’intensità e senza che si possa tracciare una scala di priorità. Si tratta di un mix che può variare, per quantità e rilevanza, anche sensibilmente da individuo a individuo. Parlarne in termini generali sarebbe da sciocchi. Un po’ come definire il livello di felicità, o di sofferenza, attribuendo peso prevalente a quello che, a nostro giudizio, costituisce il fattore dominante. “Quella persona non potrà mai essere felice con la situazione familiare/economica/di salute che si ritrova…”, oppure “Non capisco cosa gli manchi per essere felice. Si gode la pensione, è in buona salute, senza problemi economici, né familiari …” La realtà può essere ben diversa, può dipendere da tutt'altro. “Il piacere di vivere”, così come “il male di vivere”, possono coesistere alternandosi fino a sembrare, riflessi nello stesso specchio, uno il negativo dell'altro. Non si tratta di compensazione tra opposti e nemmeno della ricerca di un compromesso. Nel campo dei sentimenti questa dicotomia si manifesta con maggiore evidenza. La capacità di controllo è ridotta, i dubbi possono diventare assillanti e la percezione della realtà è fortemente distorta. Si convive con spinte contrapposte ed il passaggio dall'una all'altra sponda è sempre un salto nel vuoto, un momento di vero panico, di fiato sospeso. In quei frangenti gioia e dolore crescono in modo esponenziale e la differenza tra la strada e la scarpata diventa minima. Gianpietro

6 commenti:

Cristina ha detto...

“Non capisco cosa gli manchi per essere felice …”
Molto spesso manca l’amore, senza il quale la nostra vita diventa triste e grigia. Da anni, il sabato pomeriggio, mi trovo con le amiche per un po’ di shopping e un tè in centro storico e così mi capita di ascoltare i loro sfoghi e le loro insoddisfazioni. Alcune si lamentano di non avere abbastanza soldi per fare i viaggi che desiderano, altre dei figli che non studiano o non trovano un lavoro, e altre ancora dei mariti o del lavoro o della mancanza della casa dei loro sogni. Ma io so che dietro a quel malcontento c’è un vuoto, che affannosamente cercano di riempire con quello che si pensa lo possa alleviare. Non c’è più l’amore della giovinezza: quello, per intenderci, che faceva battere il cuore.
Ma questo non si può dire a loro. Perché l’amore è un dono raro che ci fa la vita e non c’è merito o colpa che ce lo faccia conquistare o ce ne privi.
Sulla scelta, invece, che è il titolo di questo post, mi aveva colpito la definizione che un filosofo, che aveva tenuto un corso sulla saggezza, aveva dato sulla differenza tra il sapiente e il saggio.
Aveva detto che il sapiente è quello che sa tutto, il saggio è invece quello che sa prendere una decisione. Aveva fatto anche un esempio un po’ banale, per la sua semplicità, ma che rendeva comunque l’idea. Se chiediamo al sapiente di andare al cinema, lui ci dirà tutto sui film che danno, sul regista e la loro storia, perché lui sa tutto, ma poi, quando gli chiederemo quale film andare a vedere, non lo sa.
Il problema è che il saggio non è giovane, diceva, ma ha più di 50 anni. Un giovane non può essere saggio, può solo essere sapiente.
Io non so se sia vero, anche se ho molta stima di quel filosofo. Ma se fosse davvero così, sarebbe un problema, perché la maggior parte delle scelte che condizionano la nostra vita le facciamo da giovani. Questo però d’altro canto ci rassicura che se abbiamo superato quell’età fatidica, sappiamo comunque che siamo in grado di prendere una decisione, altrimenti ci si chiede cosa siamo vissuti a fare fino a quell’età.
Io ho dovuto fare delle scelte anche in età adulta e molto probabilmente non saprò mai se sono state le scelte giuste. Posso però giudicare se sto bene o no e questo penso che sia un buon criterio. Subito dopo, posso guardarmi intorno e vedere se, avendo fatto questa scelta, stanno bene anche le persone la cui vita è stata in qualche modo condizionata dalla mia scelta, perché anche questo è importante. A parte questo, non credo di poter fare di più.

Paolo ha detto...

Mi piacciono molto i vostri interventi. Ognuno mette in essi un po’ di se stesso, ed è proprio questa la via del dialogo perché nessuno detiene la verità né deve voler imporre la sua visione agli altri.
Quando ho letto Gianpietro che scriveva

“Quella persona non potrà mai essere felice con la situazione familiare/economica/di salute che si ritrova…”, oppure “Non capisco cosa gli manchi per essere felice. Si gode la pensione, è in buona salute, senza problemi economici, né familiari …”

mi è venuto subito a mente un maestro di saggezza ( saggio e non sapiente, come opportunamente distingue Cristina ) che sosteneva che il momento più pieno, più significativo e più felice della nostra vita è proprio l’attimo presente. A guardar bene non esiste altra realtà perché passato e futuro non ci appartengono mentre il presente è l’unica dimensione in cui ci muoviamo. Ed ecco perché il presente va apprezzato nonostante qualche suo limite. La cosa peggiore, sempre secondo questo saggio, è differire la felicità a una fase futura, subordinandola all’acquisizione di qualcosa del tipo “ Quando avrò più soldi sarò felice “…” Quando mi sarà passato il dolore alla spalla sarò felice “ …” Quando potrò smettere di lavorare sarò felice “ ecc. ecc. Non c’è niente di più sbagliato che differire la felicità ad eventi futuri e incerti, subordinandola a condizioni o termini. Perché questa è anzi la strada sicura della infelicità e della insoddisfazione. Bisognerebbe invece essere felici qui ed ora “ nonostante “ . Nonostante i soldi che sono di meno, nonostante il dolore alla spalla, nonostante il fatto di non aver smesso di lavorare.
Il saggio d’altra parte è colui che si accontenta di poco ed è felice di niente. Come bere un bicchiere d’acqua fresca o il godersi un tramonto. Forse la felicità è tutta qua, mentre le nostre costruzioni mentali la allontanano soltanto.
Questo mi pare il punto d’avvio a proposito del discorso delle scelte. E’ chiaro che non tutto è così facile come potrebbe sembrare in teoria, ma è opportuno comunque prendere preliminarmente coscienza di ciò. Perché poi è proprio dalla consapevolezza che tutto discende, anche se la via è tutt’altro che agevole .

Cristina ha detto...

Grazie, Paolo, per il tuo contributo alla discussione, sempre molto preciso e opportuno. Saper vivere nel presente è certamente un’arte e grande saggezza. Prendo le distanze da questo principio solo nella misura in cui significa accettazione rassegnata di un destino negativo, nella consapevolezza che non spetti a noi contrastarlo. E questo era il principio degli stoici: abbracciare felicemente il proprio destino, anche quando era avverso. E il cristianesimo romano, per esempio, è fondato su questa filosofia.

Paolo ha detto...

E’ molto opportuna la tua precisazione, Cristina. Vivere nel presente è fondamentale ma non significa acquiescenza o accettazione rassegnata o stoica del proprio destino. Significa, invece, saper apprezzare tutto quanto abbiamo già ed esserne grati. Ma significa anche saper cogliere con atteggiamento positivo tutte le opportunità e gli ulteriori doni della vita. Così si realizza un atteggiamento di serenità nel presente, ma anche un senso di fiducia nel futuro. Con una dinamica che non è mai immobilismo.
Molto facile a dirsi, ma meno ad applicarsi. Possiamo però provarci, cercando di partire da queste premesse.

Gianpietro ha detto...

Giuste le vostre considerazioni. Desidero solo precisare, come era nelle intenzioni del post, che indipendentemente dall'età, dalla sapienza e dalla saggezza conquistate, dal grado di amore o dal livello di accettazione del poco o del presente, sempre, ad influenzare le scelte, anche quelle prese a tavolino conti alla mano, intervengono tali e tanti fattori da non potersi porre a confronto due situazioni all'apparenza tra loro identiche. E ciò vale a maggior ragione nel campo dei sentimenti.

Cristina ha detto...

Certamente non siamo cloni e nessun altro può fare un percorso al posto nostro. Possiamo però osservare le esperienze degli altri, confrontarci con loro, dialogare, cercare di capire meglio. E’ un po’ quello che stiamo facendo in questo blog, perché quando si scrive in pubblico è perché si vuole parlare ad altri e sentire anche il loro pensiero.
L’incipit del tuo post afferma che ”i nostri comportamenti dipendono da un’infinità di fattori. Impossibile stilarne un elenco esaustivo. Solo per citarne alcuni: la differenza di genere, lo stadio dell’esistenza, le condizioni di salute, le risorse a disposizione, le condizioni ambientali, le convenzioni ed il ruolo sociale, la storia personale, i vincoli familiari, la cultura, le tradizioni, l’educazione, le aspettative individuali e le pressioni sociali, lo stato emotivo e psichico del momento, il carattere, la sensibilità … i pensieri … i sentimenti ….” E anche questo è sostanzialmente vero. Ma la vita autentica, incentrata sul Sé superiore e immutabile, deve necessariamente liberarsi del contingente, che la opprime, la domina e ne influenza, come dici tu, i comportamenti. E non ci può essere la vita vera piena di senso e di bontà, se non cerchiamo un distacco da tutti questi fattori. Un vero percorso umano non può che andare dal dolore alla gioia. Ma questo non vuol dire che non ci saranno più i problemi, le malattie, le ingiustizie e via dicendo. Questi ci saranno sempre e noi faremo il possibile per superarli. Ma la nostra anima deve raggiungere quella dimensione in cui sia possibile, come diceva Assagioli, “soffrire gioendo”, anche se all’apparenza questo sembrerebbe un paradosso.
Se non effettuiamo questo distacco, potremo cambiare un marito o una moglie con un altro o con un’altra, potremo cambiare lavoro, casa, città, paese e nazione, ma dopo un po’ scopriremmo che la nostra situazione sarà esattamente la stessa di prima.