3 marzo 2013

Alternanza


Ci sono momenti, periodi lunghi anche più giornate, che vivo malvolentieri non sopportando lo stress che mi procura il concatenarsi degli impegni. Per contro, vi sono altre giornate nelle quali la mancanza di compiti genera noia, ansia, un'uguale sofferenza. E questo alternarsi convive con un malessere che ha molteplici cause. Il rumore di fondo è sempre lo stesso: l’incertezza, la sensazione d’impotenza, d’ineluttabilità, d’inadeguatezza di fronte ai comportamenti che mi vengono richiesti o ai quali credo di dovere attendere. Fuga e ricerca, immersione e soffocamento, ansia e noia, con margini di tolleranza sempre più ridotti. Complice un degrado mentale e fisico che, riconoscendolo, tento, ma è sforzo vano, di respingere. Essere qui e altrove. Vedermi dall’alto per tutto comprendere e contenere. O identificarmi solo con l’io interiore: testuggine che non riceve luce e non dà voce. Nel passato c’erano prospettive, attese dettate dalle consuetudini, regole inconsapevolmente accettate, che scandivano tempi e modi. Poi tutto questo è finito. Non ricordo il momento, né ha senso cercarlo. Se c’è stato, era una bandiera abbassata, non la causa. Forse uno scritto liberatorio. Forse la fine dei giochi, che si chiamassero lavoro o studio. Forse occhi che si sono finalmente aperti sul vuoto intorno, non visto, ma sempre esistito. Ed ecco l’ansia che ondeggia tra il bisogno di colmare e il desiderio di fuggire. Chi mi giustificherà per le ore che spreco? Tra pochi giorni compio gli anni. Per mio padre fu l’ultima volta. Gianpietro

1 commento:

Cristina ha detto...

Sto leggendo, in questi giorni, i diari (disponibili on line) che Tolstoj scrisse all’età di 23 anni e sono rimasta sorpresa di trovare tanta parte della sofferenza e del tormento che accomuna tutti noi mortali. Ogni vita, se consapevole e profonda, non può evitare questi aspetti negativi, che sconvolgono la nostra anima, dai quali poi a tratti riemerge in un percorso che non è mai coerente né lineare.
Viviamo costantemente tra due opposte tensioni: da una parte il nichilismo, che ci scoraggia e ci toglie la voglia di vivere, e dall’altra le illusioni. Come sempre, io penso che occorra stare in equilibrio nel giusto mezzo tra questi due estremi. Credo anche che occorra ogni tanto fare pulizia, togliendo forza a certi pensieri, che non avrebbero nessuna ragione di essere, ma dentro i quali ci arrovelliamo inutilmente. A me per esempio è stato molto utile fare un percorso insieme con il mio compagno. Quasi per gioco, ci siamo scambiati la nostra biografia. Lui pensava con nostalgia al tempo della sua infanzia, che diceva bellissimo, io, invece, avrei voluto dimenticarlo, per essere stata una bambina, e poi una adolescente, timida e introversa, pensavo che quegli anni fossero stati infelici. Ma sbagliavo, perché scrivendo e leggendo le vicende di un mio coetaneo, scoprivo che erano molto simili: solo lui li percepiva positivamente e io negativamente. Quindi non sono gli eventi in sé a renderci felici o infelici, ma la loro percezione o per meglio dire i nostri pensieri.
I miei pensieri negativi li contrasto con un prezioso insegnamento di un maestro del passato: “Bisogna lasciar sfilare i pensieri come nuvole nel cielo. Non pensare alla vita, ma essere la vita.”