10 aprile 2012

Sulla educazione

Volevo fare alcune considerazioni personali, da non addetta ai lavori, come si usa dire oggi, sui diversi metodi educativi, precisando, comunque, che una vera educazione non può essere ristretta nell’ambito di una categoria soltanto, ma ha, lo stesso, delle caratteristiche salienti, di cui occorre tenere conto. A suo tempo, i miei genitori hanno scelto per me una educazione umanistica. I limiti che ho potuto riscontrare in questo tipo di educazione è che questa sia troppo radicata nel passato, per cui, una volta uscita dalla scuola, mi sono sentita a disagio nel mondo del lavoro, non conoscendo bene la tecnologia, il calcolo e una seconda lingua, della quale avevo studiato soltanto la letteratura antica. Venivo presa in giro dalle colleghe, che, avendo fatto le scuole tecniche, sapevano scrivere a macchina velocemente e senza guardare i tasti, e quando il capo ufficio mi vedeva alla macchina da scrivere, rideva e raccomandava ironico di chiudere le finestre, perché la velocità con cui scrivevo faceva volare i fogli. Per fortuna, dopo qualche anno, venne introdotto il personal computer e con quello ebbi la mia rivincita, perché mi appassionai subito alla novità e questo mi cambiò la vita. Ma anche l’educazione tecnica aveva i suoi limiti, perché era in funzione soltanto di una capacità produttiva e di scopi materiali, perdendo di vista l’uomo e la sua complessità. Quale educazione allora devono dare i genitori? Parlare di una educazione di tipo spirituale genera sempre fraintendimenti, perché la si assimila a una educazione religiosa, di tipo confessionale, mentre invece non è così. Una corretta educazione spirituale aiuta il giovane a uscire dall’ambito ristretto del suo io e della sua razionalità e a sviluppare la compassione e la solidarietà, a ridimensionare la tecnica al ruolo di strumento e non di fine e a rinnovare e contestualizzare i valori antichi di una educazione umanistica, rendendoli appetibili e adeguati al tempo in cui vive. I giovani devono conoscere i problemi che affliggono l’umanità ai nostri giorni e vanno portati nei luoghi del disagio, dai quali oggi vengono tenuti lontano: a frequentare le mense dei poveri, gli ospedali, le case della carità e i campi di lavoro che nel sud vengono allestiti, per dare una opportunità ai giovani e tenerli lontano dalla criminalità organizzata. Solo così i giovani possono apprendere che per i mali e la sofferenza del mondo ci può essere rimedio nella cooperazione e nella solidarietà degli altri uomini. A volte i genitori, lamentandosi semplicemente di come va il mondo, producono solo negatività, limitandosi all’aspetto rivendicativo e perdendo di vista quello costruttivo. E così, nel volontariato, raramente mi capita di vedere giovani: il servizio viene rimandato al tempo in cui si è  liberi dal lavoro, quando non è per niente necessario dedicare molto tempo, perché anche un semplice lavoro, restando in casa, può essere di aiuto per gli altri. Bisognerebbe anche insegnare ai giovani la concentrazione, attraverso la meditazione, o la preghiera, o la ginnastica yoga. Sbagliano, a mio avviso, i genitori che dividono i figli in potenziali credenti e non, perché tutti hanno bisogno della concentrazione, che deriva da momenti di raccoglimento e  non importa tanto quale attività essi desiderino di più praticare in quei momenti, basta che sia adatta ad operare un distacco dalla mente e questo lo può fare anche la semplice lettura di una poesia: la poesia non necessità di comprensione, può essere letta o recitata come un mantra e con senso di abbandono. Ma l’educazione più bella, che possono dare i genitori ai figli, è l’esempio: rinunciando alla autocommiserazione, per vedere la bellezza nella vita di ogni giorno, anche in una vita semplice e frugale, lontano dai consumi e dalle mete che la società moderna impone a tutti e che producono soltanto una felicità falsa e illusoria. Cristina

2 commenti:

Paolo ha detto...

Il discorso sull’educazione è talmente complesso che è difficile sintetizzarlo in poche righe. E, mettendola sul piano personale, devo dire che mi sono accostato sempre con sospetto a un argomento del genere perché ho fatto parte di una generazione che ha mostrato i pugni al cielo e ha visto con sfavore ogni forma di autoritarismo. E purtroppo spesso l’educazione è collegata all’esercizio dell’autorità. Questo avviene di solito nella famiglia ma ancor più nella scuola perché la finalità dello studio implica l’ottenimento del pezzo di carta e questo prevede voti, giudizi e valutazioni che non aiutano certamente nella crescita dell’individuo. Non voglio ampliare i termini del discorso, ma a questo proposito Illich auspica addirittura una descolarizzazione dal momento che la scuola sarebbe la maggiore responsabile dell’indottrinamento e della diffusione di falsi miti sociali (http://www.ecologiasociale.org/pg/descolarizzare.html ).

Sotto un profilo etimologico educare viene da e-ducere, cioè letteralmente condurre da o fuori, e più liberamente estrarre dall’individuo le sue migliori qualità . Per questo l’educatore non dovrebbe imporre il suo punto di vista ma dovrebbe tirar fuori dal ragazzo il meglio, aiutandolo a trovare la propria identità e le proprie potenzialità. Questo implica un atteggiamento di rispetto e non certo di imposizione autoritaria.
Certamente la famiglia dovrebbe indicare la via, e questa si indica soprattutto con l’esempio e con il proporre i reali valori dell’esistenza, che sono il vero fondamento della vita spirituale e culturale, mentre l’aspetto confessionale mi appare del tutto secondario.
La lealtà, la sincerità, l’onestà, la tolleranza, il rispetto dell’altro, l’altruismo, sono tutti valori che vanno proposti con l’esempio e non imposti.
Ma soprattutto la famiglia – e qui non posso che essere totalmente d’accordo con Cristina – dovrebbe preliminarmente far comprendere ai figli la preziosità della vita, che è dono e gioia. E soprattutto magia. Come scrisse Giorgio Gaber in una sua bellissima canzone, che è anche in un certo senso il suo testamento spirituale perché fu una delle ultime che compose:

Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
………..
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.


http://www.youtube.com/watch?v=IVnPotcVkFQ

Cristina ha detto...

Grazie, Paolo, per aver ricordato Ivan Illich, un autore che oggi dovremmo rileggere, ingiustamente dimenticato dalla editoria, sempre più orientata agli interessi economici del mercato, che non a scelte culturali di valore. Io spero anche che la crisi attuale mostri a tutti la necessità di una vita più autentica, più semplice, più rivolta all’essenziale. Grazie anche per la canzone di Giorgio Gaber, che mi sembra una bella colonna sonora per questo post.:)