23 marzo 2011

GRAN TORINO

Direi che questo è un post provvisorio che poi Gianpietro domani potrà cancellare.
Ho visto solo ora che questa sera su Rete4 alle ore 21 c'è in programmazione il film "Gran Torino". Paolo (amico comune di Gianpietro e mio) lo aveva visto durante un incontro, sul tema della conversione, organizzato per i genitori dalla parrocchia che frequenta. A lui era piaciuto moltissimo e me lo aveva consigliato. Potremmo guardarlo e poi commentarlo insieme; e se non ci sarà piaciuto sapremo con chi lamentarci!! Maria Maddalena

8 commenti:

Gianpietro ha detto...

Ho già visto il film, ma dopo averlo tenuto nel cassetto per diversi mesi.
Ci sono alcune pellicole (o registi) che mi attirano ed allo stesso tempo mi spaventano. Eastwood (come regista beninteso) è uno di questi. Avevo visto "Million dollar baby" ed ero stato col mal di pancia per alcune giornate. OK per parlarne dopo averlo rivisto (il post rimane anche dopo).

Gianpietro ha detto...

Ho rivisto volentieri il film e, conoscendone già la trama, ho cercato di focalizzare l’attenzione sui temi di fondo. Tralascio quelli legati al personaggio: reduce dalla Corea, orso insofferente ad ogni cambiamento, afflitto da sensi di colpa che è disposto ad ammettere non al prete, ma solo al ragazzino impaurito; così come non mi soffermo sui problemi di conoscenza/convivenza tra popolazioni, o tra religione e laicità. Mi interessa esaminare il linguaggio, uno slang forse più efficace nella versione originale, ma che anche nella traduzione assume un ruolo di rilievo. Sia Clint che le (3) gang di teppisti ne fanno uso e l’intercalare non sembra essere molto diverso. Ma le parole delle bande non hanno alcuno scopo, sono solo suoni che riempiono vuoti di pensiero senza un obiettivo, una finalità; sono insulti fini a se stessi (e la ragazza rischia facendolo notare). Per le bande non sono mai le parole che conducono ad una decisione, ma la forza del branco e l’uso delle armi. Per Clint le parole hanno invece uno scopo tanto che l’insulto diventa oggetto di insegnamento; non sono spese in modo gratuito, ma rientrano in una scelta di comportamento, tanto che risultano vincenti nel colloquio di lavoro. Forse con i nostri ragazzini dovremmo organizzare delle lezioni di slang e smontare il bullo servendoci delle sue stesse parole. Se riesci a mostrare il vuoto che sta dietro quelle frasi fatte (la scena dei tre neri per strada con la ragazza è un classico) anche il fascino di molte bande svanirebbe.

Maria Maddalena ha detto...

A me il film non è piaciuto. Se solo il regista fosse stato più obiettivo nel presentare i vari personaggi e le loro storie, il film si sarebbe potuto seguire sotto punti di vista differenti. Invece si è quasi obbligati a vedere solo quello che Clint Eastwood ci vuole mostrare e quindi a prendere le parti del "suo" eroe. Prima di scrivere questo commento sono andata a leggermi tutte le recensioni del film che sono riuscita a trovare, per vedere se sono io la "pecora nera" o se anche altri hanno visto il film dal mio punto di vista. Ho trovato un breve accenno alla "mia" versione solo in una recensione. Probabilmente mi sono schierata dalla parte "sbagliata" (cioè quella non prevista dal regista), ma già dalle prime inquadrature del film la mia attenzione si è posata sui familiari del protagonista (figli e nipoti) e da lì non si è più spostata. Ho seguito tutte le vicende del signor Kowalski con gli occhi dei figli, e così il film mi ha lasciato una gran rabbia. Mi era stato presentato come un film sul tema della "conversione". Io questa conversione non l'ho trovata. L'unica conversione degna di questo nome sarebbe potuta essere la riappacificazione con i figli e le rispettive famiglie, esageratamente attaccate e disprezzate per tutto il film. Apertamente riconosciuto durante la sua confessione, Kowalski ha sempre fatto poco per conoscere i propri figli (figuriamoci poi nipoti e nuore). Si nota bene nelle scene del funerale della moglie quando, con una battuta sprezzante, rifiuta l'aiuto della nipote (anche se prestato con poco entusiasmo); o quando i ragazzi ripongono velocemente a posto i ricordi di guerra del nonno, spaventati per il suo improvviso arrivo (ditemi un po' se dei ragazzi devono spaventarsi per l'arrivo di un nonno...). Oppure quando, scoperta la malattia, telefona al figlio abbozzando un tentativo di contatto. Ho ancora ben presente l'espressione stupita sul volto del figlio alla richiesta di come stessero sua moglie e i ragazzi. Probabilmente era la prima volta che si interessava a loro. In una recensione ho letto che Kowalski ritrova nei ragazzi Hmong quei valori profondi che le nuove generazioni occidentali hanno perso. Diciamo piuttosto che se loro hanno ancora quei valori è perchè c'è stato qualcuno a trasmetterglieli. Affetto e rispetto spesso sono pretesi in famiglia, anche se non si è disposti a ricambiarli, come fosse un diritto acquisito. E' più facile allora mettere da parte l'orgoglio con un estraneo ed aprirsi al cambiamento con lui, piuttosto che in famiglia. Penso che col vostro servizio di volontariato lo avrete sperimentato. E cosa vogliamo dire della scena della morte di Kowalski accostata all'immagine della morte di Gesù Cristo in croce? Lasciatemelo dire... questa poteva proprio risparmiarcela. In Cristo abbiamo un innocente che si immola per la salvezza dell'umanità. Qui abbiamo il suicidio di un peccatore che cerca con un gesto "eroico" di redimere le proprie colpe. Gesto che si sarebbe potuto evitare se si fosse lasciato alle forze dell'ordine il compito di riportare la giustizia. E siamo certi che Kowalski avrebbe compiuto questo "gesto eroico" anche se non fosse stato gravemente malato? Ma... forse la malata sono io, forse mi sono solo sentita troppo coinvolta (io ero la nuora con la torta del compleanno!!)

Gianpietro ha detto...

Non credo che nelle intenzioni del regista vi fosse l'obiettività e d'altronde tutti i film con pretese di denuncia, o anche solo di critica sociale si muovono per iperbole, talvolta caricature, più spesso esasperazioni (e quindi semplificazioni) dei concetti che vogliono trattare.
Certamente il ruolo della famiglia di uno dei due figli (l'altro viene citato solo per la risata al funerale della madre) viene tagliato con l'accetta del tutto bianco o tutto nero. A mio avviso non credo avesse senso che venissero tratteggiati dei chiaroscuri col rischio di confondere lo spettatore. La nipote risulta antipatica a prima vista ed uno dei ragazzini si qualifica per le espressioni che usa nel farsi il segno della croce. Così inquadrati che motivo c'era di mettere in scena i loro lati positivi? La torta della nuora poi è solo ipocrisia come sono un insulto allo stato di salute del padre/suocero i due regali (i macrotasti del telefono ed il bastone raccogli oggetti) che stanno solo a dire "Sei un rottame ritirati e lasciaci quello che hai" (già i gioielli della moglie erano stati razziati al funerale).
Circa il tema della "conversione" io non l'ho trovato e l'accostamento alla morte di croce - quando appare? - mi sembra decisamente fantasioso.
La vera confessione Kowalsky la fa al ragazzino attraverso la grata che porta alla sua cantina liberandosi dal peso di avere ucciso un uomo, non eseguendo un ordine, ma per propria scelta (confessione suggellata dalla cessione della medaglia ricevuta proprio per quell'azione).
Circa la telefonata al figlio devi ammettere che il farla (dopo averlo cacciato di casa quando volevano "metterlo a riposo") doveva essergli costata non poco ed anche le titubanze (... come stai, tua moglie, i figli, il lavoro ...) erano un tentativo di comunicazione, goffo fin che vuoi, ma che confidava in un interlocutore almeno curioso di sapere cosa avesse spinto il padre a un gesto così inusuale. La risposta è stata invece: "Guarda che sono molto impegnato, e se non è una cosa urgente ora ho da fare". Non era la prima volta che si interessava a loro, ma era la prima volta che era disponibile a mettersi nelle loro mani se solo lo avessero incoraggiato a farlo.
Nello stile di Clint Eastwood i cattivi si combattono con la giustizia del fai da te (vedi ispettore Callaghan e pistolero degli spaghetti-western). Qui il cambio di paradigma, certamente agevolato dalla malattia, non è frutto di una conversione che non mi risulta ci sia stata, ma di un suicidio scelto razionalmente "Questo è il momento per pensare, non per agire d'impulso" e motivato da due considerazioni. "Finchè il quartiere è infestato da questa gang per la tua famiglia non ci sarà scampo" (e la violenza alla sorella di Tao ne è la dimostrazione). E come seconda: "Una cosa è certa, questi Hmong non parlano con la polizia". Ricorderai entrambe le frasi. Di qui la scelta di un'azione che non potesse passare sotto silenzio e rimuovesse il male alla radice. In altri film avrebbe preso il Kalashnikov e fatto una strage, qui si accerta che vi siano abbastanza testimoni alle finestre prima di estrarre l'accendino.
Circa il valore del film non credo sia tra i migliori di Eastwood (come regista). Ne ho visti alcuni e direi che "Million dollar baby" stia una spanna sopra gli altri.
Se non l'hai ancora visto ti consiglio "Crash - contatto fisico" film del 2004 che ha vinto tre oscar nel 2006 (incluso il miglior film). Ovviamente nessuna pretesa che i film che piacciono a me siano anche tra i tuoi preferiti.

Maria Maddalena ha detto...

Il fatto è proprio che non amo il "tutto bianco-tutto nero".
L'accostamento alla morte di croce lo trovi nella posizione che assume Kowalsky quando cade a terra morto (e l'ho trovato citato anche in diverse recensioni del film).
"Una cosa è certa, questi Hmong non parlano con la polizia" la ricordo pure io... e allora com'è che Kowalsky è certo che tutte le persone affacciate alle finestre testimonieranno l'accaduto?
Quello che mi interesserebbe sapere è come è stato presentato il film a Paolo... magari ce lo dirà.

Gianpietro ha detto...

Sono andato a rivedere la scena della sparatoria. L'apertura del braccio la ricordavo funzionale solo a mostrare l'accendino nella mano che si apre. In effetti poi la scena si dilunga nel mostrare l'intera posizione del corpo con le praccia allargate e le gambe unite. Visivamente è plausibile il collegamento con la croce, ma riconfermo che, a mio parere, il film non racconta di nessuna conversione.
Kowalsky rimane fedele solo a se stesso e la confessione in chiesa (puramente formale) è solo un omaggio alla moglie.
Vedi se riesci a far scrivere un commento anche a Paolo.

Anonimo ha detto...

Signora Maddalena lei era anche la nuora che voleva portarlo al ricovero per i vecchi?

Maria Maddalena ha detto...

Sicuramente no!
Solo quella le cui attenzioni venivano puntualmente rifiutate.