21 febbraio 2010

Diritti e doveri

Quando ho accettato di scrivere l’autobiografia di un anziano avevo in mente la costruzione di una storia attorno a singoli episodi di vita appena abbozzati. Spunti buoni per sviluppare un intreccio, magari infarcito di una qualche velleità letteraria. Le lezioni di Savino e, soprattutto, le prime simulazioni d’aula mi portano a contenere lo slancio iniziale, ridimensionando le aspettative personali. L’intervistato ha tutti i diritti, mentre all’intervistatore restano solo i doveri, ci dice Savino, e ciò si comprende e lo si può accettare solo modificando l’obiettivo. Dallo “scrivere una storia” si deve passare al “trascrivere un’autobiografia”. Non più creatori, seppure guidati, ma amanuensi, non importa quanto informatizzati. Se non fossimo partiti per quest’avventura con l’immagine del cofanetto, tutto sarebbe ora più facile. Meglio, comunque, una brusca frenata adesso, che la delusione domani verso un prodotto che sentiremo non appartenerci. Mi è stato negato anche il diritto al rifiuto, prerogativa che, tuttavia, dovrò riconoscere al mio intervistato. Lui potrà non rispecchiarsi in ciò che mi avrà detto, mentre io non potrò dissociarmi da ciò che lui vorrà che io scriva. Dovendo accettare questa asimmetria, credo che la mia non sarà una storia da pubblicare, ma da lasciare sulla poltrona della casa che mi avrà ospitato. Gianpietro

3 commenti:

Maria Maddalena ha detto...

Stavo scorrendo il blog e mi sono soffermata su questo tuo post. Mi è tornato alla mente un anziano avvocato che molti anni fa era venuto nella copisteria in cui lavoravo per farsi trascrivere il diario della sua esperienza partigiana, che aveva intenzione di pubblicare. E' stata una trascrizione molto sofferta, da parte mia. L'avvocato aveva iniziato a scrivere questo diario spinto dai familiari che speravano potesse trarre giovamento da questa attività e riprendersi così dalla grave malattia che lo aveva colpito e dalla quale stava uscendo. Ricordo il nostro primo incontro. Era arrivato accompagnato dalla moglie, col passo incerto e una cartellina traboccante di appunti. Il suo racconto era ricco di particolari e soprattutto di sentimenti. Era la storia di un ufficiale che, vedendo crollati tanti miti, attraverso un profondo dramma interiore, si assume l'impegno di lottare per la riconquista della libertà diventando uno dei protagonisti della Resistenza nelle Langhe. Con il passare dei giorni l'avvocato si ristabiliva in salute; ormai non aveva più bisogno di essere accompagnato ed arrivava col passo sicuro e gli occhi mobilissimi che guizzavano tra gli appunti delle sue agende. E iniziò il mio tormento. Avremo riscritto quelle pagine non so più quante volte. Più la sua salute migliorava, più si affannava a tagliare dal racconto gli episodi che lo vedevano protagonista, quelli in cui trasparivano i sentimenti, i drammi e le ansie di quei giorni: i più belli. Stava trasformando il suo romanzo autobiografico in una cruda cronaca di Resistenza. Avevo l'impressione che il tagliare questi episodi significasse quasi per lui liberarsi della malattia che lo aveva colpito. Come se questo indugiare su di sè nel racconto avesse rappresentato la debolezza di un malato, da cui ora voleva distaccarsi. Per me era uno strazio. Avevo amato da subito quel diario, così personale, così vivo; e vederlo lacerare in questo modo mi addolorava. Continuavo a dirgli: "No... questo no. Questo deve lasciarlo". Lui mi guardava severo e mi rispondeva: "Lei non capisce. Devo riportare l'essenziale, devo essere più distaccato". Avrei voluto conservare la prima versione del diario, ma sapevo che lui non sarebbe stato d'accordo. Un giornalista, amico dell'avvocato, scrisse nell'introduzione della pubblicazione: "Nel suo racconto non c'è traccia di retorica. Non c'è spazio per l'epopea, un po' romanzata, a volte, della Resistenza. C'è la cronaca essenziale di un'avventura di guerra imprevista, vissuta con immutato e immutabile senso del dovere, nella ricerca continua di equilibrio tra gli impulsi delle passioni e la tutela delle ragioni della giustizia e della dignità, anche del nemico". Era quello che voleva fare, aveva raggiunto il suo scopo. Ma io rimarrò sempre legata alla prima versione del diario, al partigiano e ai suoi sentimenti.

Gianpietro ha detto...

Quello che hai scritto ha richiamato alla mente il racconto delle memorie di guerra scritto da mio padre negli anni ’60. Era un sottufficiale dei Carabinieri ed aveva fatto la campagna di Spagna e poi quella di Albania. Il racconto prendeva il via dall’arruolamento nell’Arma e si concludeva con il matrimonio con mia madre. Non era un uomo di cultura, ma possedeva un forte senso della patria, del dovere e dell’onore che, in quell’epoca, trovavano risposta nell’ideologia fascista. Più che di sentimenti, il racconto era infarcito di slogan patriottici, pur conservando una struttura narrativa ancorata agli accadimenti con un rispetto dell’ordine cronologico che non so da cosa traesse spunto (non ho trovato diari, né appunti). Anche mio padre si rese conto di questa inflazione di enfasi retorica che connotava eccessivamente il racconto e chiese a mio fratello (fresco professore di greco e latino) di operare una revisione stilistica conclusasi con la soppressione di interi paragrafi e l’eliminazione di una quantità industriale di aggettivi. Ho letto entrambe le versioni (quella integrale solo per le parti depennate/modificate) e mi sono convinto che sarebbe stato meglio non toccare una sola virgola. Oggi possiedo un resoconto di azioni militari che descrivono solo parzialmente i sentimenti dell’uomo che diciottenne si è arruolato volontario per scelta ideologica e per sostenere con l’assegno di missione la famiglia indigente. Ho forse il suo pensiero di 30 anni dopo, ma è comunque una memoria rivisitata e per di più sottoposta alla correzione di un letterato che, per quanto attento a non interferire (nessuna aggiunta), anche togliendo ha operato una selezione influenzata dalle convinzioni personali.

Maria Maddalena ha detto...

Anche il diario dell'avvocato si concludeva con il suo matrimonio (prima che depennasse pure quello...). Che vorrà dire?!