Ci è stato detto che sono molti i casi di rifiuto dell’offerta del servizio EmmauS da parte dell’assistito, a dispetto della volontà dei familiari. Immagino si tratti di anziani non autosufficienti e che portano come motivazione frasi del tipo: “Mi basta mia figlia!”. E’ facile interpretare queste parole come espressione di egoismo, di scarsa attenzione alle esigenze dei familiari. Credo tuttavia che, a volte, giochi un ruolo importante la “vergogna di sé”. Il quadro di Klimt, che dà il titolo al post, può aiutarmi a chiarire cosa intendo. Nell’immagine la madre ed il figlio appaiono sereni, uniti nell’abbraccio, reciprocamente abbandonati al sonno in una espressione di pace e di sicurezza. Il colore è sfumato l’esposizione frontale e la nudità è casta. Il figlio “sa” e la madre “deve”. La vecchia invece è distaccata, l’unico contatto è dato dai capelli che sfiorano la spalla in un timido, impercettibile accenno di richiesta d’aiuto. Il corpo, grigio e flaccido, è esposto alla vergogna, appare impudico e la nudità è oscena, totale e non mascherata. La consapevolezza è tale da indurla a nascondere interamente il volto nella mano. Solo il viso, non il seno o il pube. La figura della vecchia, diversamente dalle altre, è rivolta alla giovane, negandosi a noi estranei che l'osserviamo. Il braccio abbandonato lungo il corpo sembra dire: “Solo da te accetterò di essere guardata, degli altri ho vergogna. Aspetto il tuo risveglio sperando che, lasciata la cura del bambino, tu possa trovare il tempo di volgerti a me ed allora, quando avrai misurato il mio bisogno, ti mostrerò anche il viso, l’unica cosa che ti potrà parlare dell’io che ero. Lo farò solo con te, non con altri.”Gianpietro
Si dice che il farsi servire sia più faticoso che servire, e questo per tante ragioni tra cui il pudore del proprio corpo e della propria debolezza è certamente una delle principali. Nella mia situazione, invece, tutti i volontari sono ben accetti, perché il bisogno è totale, ma in presenza di estranei, o comunque di persone non strettamente legate alla famiglia, mi viene richiesto di non dire che sono una volontaria, ma un’amica. Questa precisazione un po’ mi ferisce, ma mi insegna anche a non idealizzare troppo quello che faccio, perché sul servizio a volte si fa anche un po’ di retorica. Cristina
1 commento:
Si dice che il farsi servire sia più faticoso che servire, e questo per tante ragioni tra cui il pudore del proprio corpo e della propria debolezza è certamente una delle principali. Nella mia situazione, invece, tutti i volontari sono ben accetti, perché il bisogno è totale, ma in presenza di estranei, o comunque di persone non strettamente legate alla famiglia, mi viene richiesto di non dire che sono una volontaria, ma un’amica. Questa precisazione un po’ mi ferisce, ma mi insegna anche a non idealizzare troppo quello che faccio, perché sul servizio a volte si fa anche un po’ di retorica.
Cristina
Posta un commento